Credo di sapere dove questa strada mi sta portando, ma in fondo non lo so.
Credo di essere abbastanza sicura di ciò che voglio ma, se mi soffermo un secondo su una situazione che sto vivendo io perdo l’equilibrio e mi ci immergo profondamente.
E non sono contenta fino a quando non mi sono immersa del tutto.
Devo toccare il fondo con i piedi, ne ho bisogno, altrimenti non riesco a darmi la giusta spinta per poter risalire.
Altrimenti rischio di affondare.
Credo di poter dire, oramai, di conoscere a fondo le persone: di essere in grado di capirle con uno sguardo, che mi basti solo l’apparenza per comprendere che, nel profondo, nessuno è poi così diverso. Sembriamo esseri semplici ma non lo siamo per niente.
Ogni persona è un mondo, un mistero, un pianeta sconosciuto su cui vorremmo abitare.
Credo di poter dire che conosco a fondo la paura, quella di non essere accettata, quella di non essere ben vista, o di non essere vista per quella che sono in realtà.
Ma la verità è che conosco bene il rammarico, quello verso me stessa e la mia tremenda voglia di farmi accettare da una realtà in cui non mi trovo più bene a stare.
Credevo di aver perso la fede.
Credevo di non avere più fiducia nelle persone.
Non so quand’è successo che l’ho persa.
So solo che un giorno mi sono svegliata e non ho visto altro che opportunismo: falsità, egoismo. Quel giorno mi sono detta: “E’ tutto qui? Davvero è tutto qui?”.
Ma come fa ad essere tutto qui?
Credevo di non aver più fiducia nelle persone. Ma la verità è che nel momento stesso in cui non ne volevo più sapere niente di loro, è nata in me la voglia di saperne di più. Di conoscere a fondo. Di capire perché una persona si comporta in un modo, piuttosto che in un altro. Di comprendere perché abbiamo bisogno di farci così tanto male a vicenda, di vivere tutto come una competizione che ci porta alla rovina.
Di capire perché abbiamo così dannatamente bisogno di distruggerci a vicenda.
E ho iniziato a non fermarmi solo a ciò che vedo. A guardare le cose più da vicino, cercando non tanto la verità quanto il buono.
Il buono che c’è in ogni persona.
Perché, in fondo, non siamo poi così diversi da una macchina: ognuno di noi ha un tasto, quello giusto che, se premuto, innesca una reazione e poi un’altra e poi un’altra.
Basta solo sapere dov’è quel tasto, cercarlo e, infine… premerlo.
Martina Vaggi