Quest’oggi abbiamo come ospite Luca Scopitteri, autore della trilogia de “Il creatore di sogni”. Luca è anche il vincitore del premio al “Concorso Letterario Internazionale Lago Gerundo” (2020) con il racconto horror “Gioca con me”.
Ciao Luca, ti do il benvenuto sul mio blog! Iniziamo subito con la prima domanda.
Quando ti sei avvicinato per la prima volta alla scrittura?
Luca Scopitteri:
Ciao Martina. Credo che lo spartiacque sia stato il passaggio dalle scuole superiori all’università. I libri che prima leggevo per obbligo sono diventati un piacere difficile da rinunciare, e la scrittura, i pensieri e la fantasia, hanno trovato sfogo sotto forma di racconti, diari e storie brevi.
E una di queste storie ti ha portato a scrivere il tuo primo libro “Il creatore di sogni”, pubblicato nel 2017.
Che cosa ti ha spinto a intraprendere questa strada Ci racconti brevemente la trama del libro?
Luca Scopitteri:
È stato il desiderio di mettermi in gioco. Negli anni ho sviluppato così tante idee, che alla fine ho deciso di darle sostanza in un progetto lungo e articolato, un romanzo appunto.
Molte volte si scrive per necessità, per esprimere un’idea, un’opinione, a volte anche un disagio. Nel mio caso da una riflessione che scaturisce da un’attitudine a sognare quasi tutte le notti, sogni vividi che ricordo benissimo e che mi danno molti spunti.
Un giorno mi sono domandato:
“Cosa accadrebbe se i sogni si materializzassero? E se, per contro, lo stesso avvenisse anche per gli incubi?”
Partendo da questa considerazione, nasce la storia di Jay e de “Il creatore di sogni”.
Libro su Amazon:
“Questa realtà è una finzione, una fantasia, una prigione con le sembianze di un paradiso.” Questo è un estratto del tuo libro. Molto interessante il tema della realtà mischiata alla finzione: tutto sembra muoversi nell’ambito dell’apparenza eppure c’è della profondità in questo, mi sembra di capire.
Come mai con questo libro hai deciso di sondare questo “mondo dell’apparenza”, che non sembra per niente facile da rappresentare?
Luca Scopitteri:
Sono sempre stato molto attratto da tutto ciò che non è solo apparenza.
La realtà nasconde spesso delle sfaccettature che ignoriamo, eppure ugualmente interessanti.
Si scontra la mia duplice natura: da un lato il tentativo di essere razionale nelle scelte e nelle conclusioni, dall’altro la consapevolezza di cercare nella fantasia una valvola di sfogo.
Quando ci si abbandona a questa fantasia, succede che il mondo dei desideri, della paura e a volte della follia, prenda il sopravvento sulla realtà e diventi difficile comprendere entrambe.
A me piace immaginarmi nella terra di confine tra l’una e l’altra.
“Il creatore di ombre” è il secondo libro della trilogia, pubblicato nel 2020 con Bookabook.
Ci racconti brevemente di cosa tratta?
Luca Scopitteri:
È il proseguo della storia di Jay, con l’inserimento di un’altra protagonista, Lana. Alternando i capitoli narrati in prima persona, ripercorro le vite di entrambi, difficili e segnate da profonde ferite, che li porterà a incontrarsi in un mondo onirico.
Entrambi sono dotati di abilità uniche, che li rendono al tempo stesso potenti e minacciati. Ti lascio l’estratto di un capitolo di cui ho fatto creare un audio.
Anche in questo libro affronti tematiche non facili. E salta all’occhio anche questo: “Il creatore” sembra essere una definizione che ti piace usare molto nei titoli.
Come mai? Chi è in realtà questo creatore, per te?
Luca Scopitteri:
Sì, il creatore è la linea guida della trilogia de “Il creatore di sogni”. In realtà, il creatore è in ognuno di noi.
Tutti possono essere in grado di creare qualcosa, nel senso che tutti sono padroni delle proprie scelte e hanno i mezzi per realizzarli.
È pur sempre una generalizzazione, intendiamoci, ci sono situazioni che spesso inibiscono tale capacità. Ma, di massima, il discorso può essere valido per tutti.
C’è un elemento che accomuna i tuoi libri o i loro protagonisti?
Luca Scopitteri:
Sì, i protagonisti, così come tutti i personaggi dei miei romanzi e racconti, sono persone normali, seppur dotate di abilità uniche. Non si troverà mai un eroe senza macchia, o un antieroe che non abbia motivazioni almeno parzialmente condivisibili.
Non credo nel bianco e nel nero, ma più spesso nelle sfumature.
La verità dev’essere conosciuta nella sua totalità per poter essere valutata.
Self publishing: tu hai autopubblicato il tuo primo libro, mentre per il secondo ti sei affidato a Bookabook. Cosa ne pensi del self? Lo consiglieresti?
Perché, secondo te, sempre più autori si rivolgono al self piuttosto che ad una casa editrice?
Luca Scopitteri:
Il self publishing è uno strumento molto valido, ma devi essere scrupoloso nel tuo lavoro. In veste di lettori, siamo i primi a sospettare di un lavoro autopubblicato a fronte di uno edito con casa editrice.
Per superare questa diffidenza, bisogna presentare un lavoro quanto più professionale: quindi affidarci a un editor, a un grafico per la copertina e l’impaginazione, a qualcuno che ci aiuti nella pubblicità.
Sono tutti aspetti che ci fanno diventare imprenditori di noi stessi.
Occorrono tempo e risorse da dedicare, e se si fa un buon lavoro il lettore non noterà alcuna differenza rispetto a un libro che trovi sul mercato.
D’altro canto, ci sono realtà come le fantomatiche case editrici a pagamento, che non si preoccupano minimamente del risultato; ecco, di quelle bisogna tenersi alla larga.
Alla luce di questo, mi sento di consigliare il self a chi ha voglia di dedicare impegno anche nel post scrittura; in caso contrario ci sono tante medie e piccole realtà molto valide e desiderose di crescere, che sapranno valorizzare un libro ben scritto.
“Gioca con me” è il racconto horror con il quale hai vinto il primo posto al “Concorso Letterario Internazionale Lago Gerundo” (2020).
Ci parli di questo racconto? Come ti è venuta l’ispirazione di scriverlo? Vuoi lasciarci un breve estratto?
Luca Scopitteri:
È la storia di una giovane coppia che, durante un picnic in montagna, incontra una misteriosa bambina che in breve svelerà la sua natura maligna.
È una storia nella quale mi sono concentrato sull’aspetto ambientale, sulla paura primordiale che si ha verso l’oscurità, verso l’irrazionale.
L’idea nasce da una provocazione (amichevole) con il mio docente di scrittura narrativa, un noto scrittore con cui siamo in ottimi rapporti. Direi una sfida, una rivalsa, ma è un piccolo segreto tra noi due.
Ti lascio il link del racconto. Anche in questo caso ho fatto produrre un audio di cui sono particolarmente contento del risultato.
Tu ti sei laureato in Scienze Politiche e successivamente hai intrapreso questo percorso da scrittore.
Questa tua propensione alla scrittura è arrivata dopo o è stato proprio il tuo percorso di studi ad alimentarla?
Luca Scopitteri:
In realtà credo che Scienze Politiche, specie considerato l’indirizzo storico che ho seguito, mi abbia aiutato a migliorare la scrittura. In quegli anni ho imparato i metodi di ricerca, lo studio delle fonti e l’analisi dei fatti, per poi metterle in pratica con tesine.
È stato sempre in quegli anni che ho iniziato ad amare la lettura e a dare forma ai miei scritti.
Uno degli sbocchi di quell’università è il giornalismo. A suo tempo ho preso in considerazione quella strada, ma la vita e le circostanze, a volte, ti “dirottano” altrove.
Anni spesi bene tuttavia, perché ho accumulato un carico di esperienze che oggi mi tornano utili.
Che lavoro fai per vivere? Vedi nella scrittura, prima o poi, una possibilità concreta di futuro, da un punto di vista lavorativo?
Hai già in progetto un altro libro?
Luca Scopitteri:
Ho una piccola impresa nel campo del tessile.
La scrittura, come sa bene chi conosce questo mondo, in pochi casi ti permette di vivere solo di quella. Questo non vuol dire che non accada.
Ma è più facile che ci riesca chi è capace di abbinare attività propedeutiche, come editor, correttore di bozze, collaborando con case editrici, e così via.
Vivere di sola vendita dei libri, è un privilegio per pochi.
Nel mio caso, sto andando per gradi, seguendo corsi di scrittura narrativa affermati, dedicando tempo alla lettura (fondamentale per chi vuole scrivere) e così via. Non si smette mai di imparare e questo può portare solo a migliorarsi.
Quello che verrà, sarà più che ben accetto.
Attualmente ho in lavorazione il mio terzo romanzo. Ho preso una pausa dalla trilogia de “Il creatore di sogni” perché è un lavoro che mi richiede molto tempo per chiudere tutti gli intrecci aperti nei primi due lavori, e il periodo in cui viviamo non aiuta.
Credo che il prossimo romanzo sarà ultimato per la fine della primavera, poi vedremo con la casa editrice quando farlo uscire.
Riprende il racconto “Gioca con me”, quello di cui ti parlavo sopra, una storia di ricerca, a tinte soprannaturali, con un passato oscuro da scoprire.
E io ti faccio un grosso in bocca al lupo per la stesura di questo nuovo inedito e per tutto quello che verrà nella tua vita.
Bene, Luca Scopitteri, queste erano le tue 10 domande. Sono molto felice di averti avuto ospite per la mia rubrica.
Lascia pure i tuoi recapiti social qui sotto, affinché chiunque lo desideri, possa seguirti e conoscere meglio le tue opere.
Quanto tempo ci vuole affinché la nostra mente trasformi un’azione in abitudine? Quanto impegno ci vuole nel mantenerla?
La Legge di attrazione: cambiare le abitudini malsane, a partire dai nostri pensieri
Secondo una ricerca, condotta dalla University College di Londra, è stato scoperto checi vogliono in media sessantasei giorni per trasformare un’azione in abitudine.
Dunque, se dovessimo pensare un attimo a quali siano le abitudini malsane per la nostra vita, quale sarebbe la prima che vi verrebbe in mente?
Questa è la abitudine malsana prima che verrebbe in mente a me: il fumo, la sigaretta.
Se dovessi fare una lista delle abitudini malsane più comuni, nella mia ci sarebbero: fumare, mangiare male, non fare attività fisica, bere troppo…
Anche voi avete pensato alle stesse cose?
Non so se ci avete fatto caso, ma quando si parla di abitudini, ci riferiamo sempre ad abitudini che riguardano il fisico o comunque azioni che riguardano l’esterno.
Avete mai sentito qualcuno indicare come abitudine malsana il pensare troppo? O l'alimentare pensieri negativi?
Io no.
Probabilmente noi attribuiamo la soluzione ai nostri problemi o alle nostre abitudini malsane all’esterno di noi, perché sembra che la soluzione venga da li. Per questo, se vogliamo smettere di fumare pensiamo: “Che ci vuole? Basta buttare via il pacchetto!” oppure “Basta non accendere la sigaretta e non fumarla.“
Così, rispettiamo questo mantra per qualche settimana, per un mese, magari. Poi, inevitabilmente, torna a farsi vivo nella nostra mente il desiderio di accenderne una. (Purtroppo so di cosa parlo, ho smesso di fumare innumerevoli volte.)
Questo perché succede?
Probabilmente perché il problema non risiede all’esterno di noi, ma al nostro interno.
Il problema risiede nella nostra mente, o meglio: quel disagio che ci porta a fumare risiede, con tutta probabilità, nella nostra parte inconscia.
E fino a quando non risolvi quello, fino a quando non capisci che tipo di disagio si è venuto a formare con il tempo, portandoti a trovare rifugio in una sigaretta, non potrai mai smettere di fumare per davvero.
Vale un po’ lo stesso discorso per quanto riguarda i nostri pensieri.
Come mai non sentiamo mai nessuno dire:
“Forse dovresti cambiare modo di pensare“?
Perché è così difficile dare un consiglio simile?
Perché è così difficile pensare che sia possibile cambiare? Perché vogliamo a tutti i costi vivere, magari anche nell’infelicità perenne, pensando di non poterci riuscire?
Secondo la Legge di attrazione i pensieri che coltivi ogni giorno ti portano ad essere la persona che sei
Le abitudini sono delle brutte, bruttissime bestie.
Sradicare un’abitudine non è semplice, soprattutto se riguarda il modo in cui siamo stati abituati a pensare e, di conseguenza, agire.
Premessa: la nostra mente sembra nutrire un’attrattiva nei confronti del negativo. Quanti servizi al telegiornale raccontano una realtà positiva? Ben pochi, come sappiamo. E quante volte vi è capitato di fermarvi ad assistere ad una litigata per strada? O di tendere il collo per vedere cosa sia successo in quell’incidente d’auto?
Da quanta negatività siamo sempre stati, inevitabilmente, attratti ogni giorno?
Faccio riferimento anche a quelle persone che dicono:
“Pensa negativo, così se va male almeno non ti illudi“.
Avete mai conosciuto persone che ragionano così? Io si, parecchie. E fino a un anno fa ero una di loro.
Ecco, secondo la Legge di attrazione, di cui parleremo dopo, questo tipo pensiero è nocivo non solo perché è negativo, ma anche perché attrae a te una realtà esattamente speculare ad esso: ossia, una realtà negativa.
Facciamo un esempio pratico: pensare negativo è un po’ come entrare in campo per una partita di tennis con la convinzione che andrai a perdere.
Non vi sembra anche a voi una follia? Oltre che uno spreco totale di energia e di tempo.
Parlando sinceramente: dopo aver maturato un pensiero simile, voi andreste a giocare la partita? Non so voi, ma io se penso già di perdere una partita, neanche ci metto piede in campo. Semplicemente, perché so già che pensando in questo modo perderò.
Avete fatto caso a quante persone sono costantemente focalizzate su pensieri negativi e, di conseguenza, su atteggiamenti negativi verso il mondo, la vita, le cose, le persone, il lavoro… Il problema è che ognuna di queste persone vuole che anche tu viva male come vivono loro.
Per questo si dice che per stare bene è necessario allontanarsi dalle persone negative.
Perché ti privano di forze, di energia.
Le persone negative hanno un problema per ogni soluzione.
Ma la soluzione per i loro disagi non puoi essere tu. Per questo nessuno di noi deve farsi carico dei problemi altrui: ognuno ha i propri da risolvere e li può risolvere solo volendo trovare una soluzione.
Come faccio a saperlo? Perché, un tempo, io ero esattamente la persona che vi ho descritto qui sopra. E attraevo esattamente persone negative come me.
Solo che non mi ero ancora imbattuta nei principi della Legge di attrazione, quindi certe cose non potevo ancora saperle.
Pensavo che pensare in maniera negativa mi avrebbe salvato da possibili delusioni. Fino a quando non mi sono accorta che mi stava letteralmente rovinando sia il presente che il futuro.
E voglio precisare una cosa: quando parlo di “persone negative” non intendo brutte persone. Nessuno di noi è brutto, bello, bravo o cattivo. Siamo semplicemente persone.
Una persona può essere negativa per me ma positiva per un’altra. Esattamente come ogni persona può rappresentare il più bel regalo che la vita possa farvi o il peggiore: dipende tutto da come voi interpretate quella suddetta persona nel vostro percorso.
Tutto dipende dai pensieri che coltiviamo ogni giorno e nutriamo con cura.
Sembra incredibile anche a voi? All’inizio, per me lo è stato.
Vivere il “qui e ora”: lascia perdere il futuro, non è alla nostra portata
Un’altra interessante fetta di pensieri negativi riguarda quelle persone proiettate perennemente nel futuro.
Avete presente discorsi tipo: “Ma non pensi a quello che potrebbe succedere se…?“, oppure “Ma ti rendi conto di quello che poteva capitarti..?” e ancora: “Non fare questo, perché se lo fai, vedrai che succederà questo/quello/codesto…“
Allora. A parte il fatto che nessuno di noi prevede il futuro. (Fino ad ora, almeno, non mi è ancora capitato di incontrare indovini certificati.)
Ma, razionalmente, tutto questo pensare e preoccuparsi costantemente per il futuro a che cosa pensate che sia utile? Che cosa pensate che possa portare di positivo alla vostra vita o a quella di persone che avete attorno?
Perché tutto questo affannarsi, se non sappiamo cosa succederà domani? Se non sappiamo nemmeno dove saremo, domani?
Probabilmente la risposta risiede nel fatto che siamo dei maniaci del controllo. Vorremmo avere tutto sotto i nostri comandi.
E non siamo disposti ad accettare una verità che un medico e un infermiere vede tutti i giorni nelle camere di ospedale: noi non abbiamo il controllo sulle cose.
Non abbiamo il controllo sulla nostra vita. Possiamo controllare solo i nostri pensieri. E già è un’azione miracolosa questa.
La realtà che stiamo vivendo tutt’oggi e che abbiamo vissuto per un anno, chiusi in casa, avrebbe dovuto insegnarci esattamente questo: non possiamo vivere proiettati nel futuro. Il “qui e ora” è l’unico tempo che veramente conta per noi.
Noi dovremmo pensare al nostro presente, è lì che risiede il potere che abbiamo. Il potere di cambiare le cose.
Nel nostro presente risiede la capacità di modellare il futuro.
Non nel futuro. Il futuro non c’è, ora nella nostra vita e non sappiamo neanche se ci sarà. E questo continuo e incessante tendere il collo verso un tempo lontano, non farà altro che farci smarrire il presente, questo “qui e ora” che ci riguarda.
Questo modo di vedere e vivere le cose non farà altro che farci annegare nella paura.
“La paura non è reale: l’unico posto in cui può esistere è nel nostro modo di pensare al futuro. È un prodotto della nostra immaginazione che ci fa temere cose che non ci sono nel presente e che forse neanche mai ci saranno. Si tratta quasi di una follia, Kitai; cioè non mi fraintendere: il pericolo è molto reale, ma la paura… la paura è una scelta.”
Dal film: “After Earth”, con Will Smith.
Vivere nella paura. Annegare nella paura, come in sabbie mobili che ti paralizzano e ti rendono incapace di agire.
Il che è esattamente quello che è sempre accaduto nella mia vita. Almeno, fino a quando non mi sono imbattuta in questo libro. Così ho conosciuto la famosa Legge di attrazione.
La Legge di attrazione secondo Mike Dooley
“L’arte di far accadere le cose” è un libro che racchiude i principali dogmi della Legge di attrazione.
Questo libro è giunto a me un anno fa, in vista del mio compleanno. Giunto, sì.
Fu una mia responsabile del lavoro a regalarmelo. Mi disse: “A me sta aiutando molto a vivere più serenamente. Spero che aiuti anche te.“ Assieme al libro c’era un biglietto, scritto da lei. Di questo biglietto ricordo le parole:
“Spero che realizzerai tutti i tuoi sogni”.
Sembra una cosa da prima elementare, direste voi?
Eppure, io ho letto quel libro. E l’ottobre dello stesso anno, in un momento di enorme cambiamento per tutti, ho scritto il mio primo libro.
Eppure, dopo aver letto “L’arte di far accadere le cose” ed aver mosso i primi passi nel mondo che riguarda la Legge di attrazione, ho smesso di credere più alle coincidenze.
E ho iniziato a capire che tutto accade esattamente per una ragione.
Mike Dooley e la Legge di attrazione, photo credit: Wikipedia
Ma scopriamo qualcosa di più sull’autore di questo meraviglioso libro.
Mike Dooley è uno scrittore statunitense appartenente al movimento filosofico “New Thought“, che persegue il pensiero che tutto ciò che si vuole conquistare sia possibile attrarlo a sé, continuando a credere nel risultato finale.
Dooley è anche uno dei maestri protagonisti di “The secret“, il documentario (poi divenuto libro) di Rhonda Byrne, che parla di questo “segreto”, ovvero racconta come la Legge di attrazione possa influenzare positivamente la nostra vita.
Ma di che cosa parla il libro di Dooley e che cos’è questa Legge di attrazione?
La legge di attrazione: i pensieri diventano cose
“L’abbondanza è un lavoro interiore. Per provocare un cambiamento dovete per prima cosa rivolgervi al vostro interno. Chiarite quello che volete e poi avventuratevi fuori semplicemente nella direzione generica delle vostre passioni. E al momento giusto si farà vivo l’Universo ad afferrare la bacchetta per dirigere l’orchestra.”
Mike Dooley – L’arte di far accadere le cose
La prima volta che ho letto questo libro, mi è stato difficile, da subito, poter credere a quella realtà che vi veniva descritta.
Mi ricordo che sfogliavo le pagine, leggevo sbigottita tutte quelle parole dense di significati profondi e non capivo. Non capivo come tutto questo potesse essere in qualche modo reale.
Nel libro “L’arte di far accadere le cose” Dooley descrive con una scrittura molto chiara quello che per lui rappresenta l’uomo al centro dell’Universo. Spesso ripete questa frase:
“I pensieri diventano cose.”
Fa riferimento ad una realtà, la nostra realtà, che ci circonda. Andando avanti nella lettura, risulta chiaro quanto segue:
Sono i pensieri a creare la nostra realtà.
Quello che Dooley sostiene, anche mediante l’utilizzo di esempi che spesso e volentieri usa affinché si capisca meglio il suo concetto, è molto semplice:
la realtà che ci circonda è generata da noi, o meglio, dal nostro interno. Dai nostri pensieri, dalle nostre emozioni.
L’esterno è come una proiezione del nostro mondo interiore.
E non è stato Dooley il primo a dirlo e nemmeno io.
Una cosa simile l’ha detta anche Carl Gustav Jung, una delle figure più importanti del pensiero psicologico.
Jung si interessò ad un fenomeno già osservato e studiato in antichità, da Platone: la “Sincronicità”. Secondo Jung la Sincronicità è ciò che lega due eventi che non hanno un rapporto evidente di causa ed effetto.
Avviene, per esempio, quando pensiamo intensamente ad una persona e quella, poco dopo ci chiama al telefono. Oppure quando abbiamo un impegno di lavoro molto importante e la macchina decide di non voler partire proprio quel giorno.
Quelle che noi chiamiamo "coincidenze", indicandole in senso negativo (sfortuna) o positivo (fortuna) sono, in realtà, eventi che il nostro inconscio evidentemente hanno un significato molto profondo e, di conseguenza... Accadono nella nostra vita.
Non a caso, ovviamente.
Questo ci riporta all’argomento: i pensieri diventano cose.
Questo significa che se noi, tutti i giorni, nutriamo pensieri negativi, la realtà (e le altre persone) saranno esattamente lo specchio di quei pensieri. Se, al contrario, ci abituiamo a nutrire pensieri positivi, la realtà non potrà che essere positiva.
Pensate che sia uno scherzo? Allora soffermiamoci un attimo su questo: vi è mai capitato di avere a che fare con persone che si lamentano sempre della loro realtà, sostenendo che tutte le sfortune del mondo capitano solo a loro?
Credete che sia un caso che persone che si lamentano ricevono sempre motivi per lamentarsi?
Ecco… prendiamo invece ad esempio le persone positive. Avete mai fatto caso che spesso una persona che vive serenamente e in pace con gli altri viene indicata come “Una persona fortunata, che ha tutto quello che vuole dalla vita”?
Credete che sia un caso che a quella persona vada sempre tutto per il verso giusto? Pensate che non abbia mai problemi? O forse… è il modo in cui sceglie di affrontarli che fa la differenza?
Forse, semplicemente, sa scegliere con cura i propri pensieri. Forse, semplicemente, scegliere di vedere il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto.
Alimentare credenze positive. E iniziare a credere Tu attrai esattamente ciò che sei.
Non è semplice accettare questo. Non è semplice perché significa prendersi un’enorme responsabilità, forse la più grande: quella di capire che la nostra realtà la creiamo noi.
Tu vivi esattamente la realtà che vuoi vivere. Attrai esattamente le situazioni che vuoi oppure di cui hai bisogno per evolverti.
Il fatto che ci lamentiamo tutti i giorni dicendo a noi stessi che odiamo questa realtà, è semplicemente indice del fatto che non siamo capaci o disposti ad ammettere a noi stessi che questo è ciò che vogliamo davvero: lamentarci.
Per quanto possa sembrare assurdo, ci sono davvero persone che vogliono essere infelici. Ci sono davvero persone che vogliono vivere male. Ci sono davvero persone che non sanno apprezzare ed essere grati per quello che hanno.
Ci sono passata anche io, come tanti, credo.
Accettare quanto scritto in questo libro di Dooley, significa accettare di non poter dare più la colpa ad altri dei nostri fallimenti.
Perché non esiste la fortuna o la sfortuna. Non esiste il caso. Esistiamo noi con la nostra mentalità. Noi che vogliamo cambiare senza però mai volerlo davvero fare.
Ecco, è questa la sfida che lancia Dooley: cambia il tuo modo di pensare e cambierai la tua realtà!
Io ho accettato la sfida. Una volta capito che potevo lavorare sui miei pensieri, scartando quelli negativi e alimentando quelli positivi, ci ho provato.
Ho pensato “Che cos’ho da perdere?“.
E posso dire che questo libro mi ha davvero cambiato la vita, in positivo.
Se volete, il libro su Amazon lo potete trovare direttamente da qui.
Qui e ora: 5 principi della Legge di attrazione che migliorano la tua vita
Ma che cosa ci insegna la Legge di attrazione? Quali sono i dogmi principali e in che modo possono aiutarci a vivere più serenamente con noi stessi?
Vivere il “qui e ora“.
Come avevo già sottolineato all’inizio di questo articolo, la Legge di attrazione teorizza l’importanza di rimanere ancorati al presente, per riuscire a viverlo davvero.
Ed anche molto utile per scrollarsi di dosso paure e credenze limitanti su un futuro che non possiamo conoscere.
I pensieri diventano cose.
Il secondo concetto, uno dei più importanti della Legge di attrazione, a mio avviso, è anche il più liberatorio.
Se accetto il fatto che basta controllare i miei pensieri e imparare a pensare in maniera differente per riuscire a vivere in maniera migliore, allora ho già raggiunto un importante traguardo evolutivo. Ovviamente, cambiare i propri pensieri da un giorno all’altro non è facile: ci vuole tempo e allenamento.
Attrai quello che seie sii grato di quello che hai
Noi siamo come calamite per i pensieri, le percezioni e le sensazioni che proviamo. Questo è il motivo per cui se pensi costantemente cose negative, otterrai una realtà negativa. Non c’è nessuna magia, nessun incantesimo: è un fatto che possiamo verificare tranquillamente nella vita di tutti i giorni.
Per questo motivo è utile rendersi conto che c’è sempre qualcosa per cui essere grati. Ed essere grati per qualcosa, anche per il fatto di essere vivi e in salute, può dare un senso alla nostra intera esistenza.
In più, il tuo mondo esterno ti indica quello che tu realmente vuoi. Anche questo concetto della Legge di attrazione non è così facile da digerire. In pratica, il suo significato è il seguente: sicuramente è possibile che tu razionalmente voglia una suddetta cosa: ma se la realtà ti restituisce un’altra immagine, evidentemente il tuo inconscio non la pensa così.
Chiedi e ti sarà dato.
Questo concetto della Legge di attrazione così semplice e pulito ci consente di interrogarci nel profondo. Di guardarci dentro (che male non fa) e di capire. Prima di tutto, capire cosa veramente vogliamo dalla vita, o da noi stessi, o dagli altri. Una volta che lo hai capito, chiedi. E poi…
Compi delle azioni quotidiane che ti avvicinino all’obbiettivo. E credi.
Devi credere in questo meccanismo, devi credere che funzioni. Alcuni pensano che la Legge di attrazione teorizzi semplicemente un concetto basato sul: pensa a quello che vuoi ottenere, siediti con le mani in mano e aspetta che la magia si compia. Alcuni pensano questo e per questo motivo criticano la Legge di attrazione duramente.
In realtà, la Legge di attrazione non predica incantesimi alla Mago Merlino. Ci insegna semplicemente questo:
pensa a ciò che vuoi, agisci per ottenerlo e, allo stesso tempo, mettici un po’ di fede.
Seguiamo la Legge di attrazione: non esistono tempi migliori o peggiori, esiste solo il tempo che ti dai tu
Non è questione di aspettare che arrivi il tuo momento. Non si tratta nemmeno di vivere nell’attesa che vengano tempi migliori.
Come abbiamo appena visto, la Legge di attrazione non dice questo.
Io ho vissuto anni proiettandomi nel futuro, in attesa di quel “momento di grande cambiamento” che speravo mi sarebbe piombato direttamente dal cielo.
Ovviamente, non è successo. Non succede mai.
Nessun cambiamento ti piomba tra capo e collo. Sei tu che ti muovi verso il cambiamento.
Perché, come ci suggerisce la Legge di attrazione, tra la realtà che vuoi e quella che hai c’è un ponte: è il ponte delle azioni quotidiane.
Per questo io non credo più che sia questione di “tempo” ma di mentalità.
In questo momento ci lamentiamo tutti di più. Abbiamo meno risorse a cui attingere (denaro) e meno valori su cui basarci (onestà, gentilezza, altruismo).
Ci lamentiamo, in continuazione, alimentando in negativo una realtà che è già estremamente negativa.
E giustifichiamo la cosa dicendo “È il momento storico“.
Ma ci siamo sempre lamentati di non avere nulla anche quando avevamo troppo. Sempre alla ricerca di ciò che non avevamo perché incapaci di guardare a tutto il bello che c’era. Incapaci di essere grati di ogni cosa bella che abbiamo nella nostra vita.
Ognuno di noi ha qualcosa per cui essere grato.
Ci siamo sempre lamentati della realtà che avevamo attorno. Ma la realtà non è altro che una proiezione esterna di quello che avviene dentro di noi.
Legge di attrazione Legge di attrazione Legge di attrazione Legge di attrazione Legge di attrazione Legge di attrazione Legge di attrazione legge di attrazione legge di attrazione legge
Autore, scrittore e formatore, Roberto Ferraresi ci farà compagnia oggi parlandoci del suo percorso di vita e delle opere fino ad ora scritte da lui.
Dunque, Roberto, innanzitutto ti saluto e ti do il benvenuto sul mio blog! Inizierei subito chiedendoti di te.
Che mestiere fa Roberto Ferraresi per vivere? La scrittura può considerarsi un “lavoro” per te?
Roberto Ferraresi:
Buongiorno Martina e un caloroso saluto ai lettori del tuo blog. Voglio innanzi tutto ringraziarti per l’interesse mostrato per il mio lavoro.
La tua iniziativa è lodevole, in quanto è certamente uno strumento utile per conoscere più a fondo chi si cela dietro le pagine di un libro, per questo motivo ho aderito con piacere.
Partiamo da cosa faccio per vivere.
Da molti anni lavoro nel settore della bellezza e del commercio. Questa attività negli anni mi ha dato modo di vagliare ogni aspetto del suo mondo, da quello meramente pratico della sua esecuzione, alla vendita e alla consulenza. Per poi passare, all’aspetto legato alla comunicazione ed alla crescita personale, e quindi alla formazione.
Ciò premesso, dopo molti anni è diventato solamente il mezzo che mi permette di raggiungere un fine. La mia passione e i miei obbiettivi sono volti inderogabilmente in un’altra direzione.
Per quanto riguarda la scrittura, il mio obbiettivo è farne ciò che mi permetta di vivere.
Ciò che ho sognato e quindi ho deciso di realizzare, è un nuovo stile di vita.
Oggi purtroppo non è ancora sufficiente, ma sono ottimista ed è per questo che persevero con determinazione. La convinzione che mi ha sempre guidato nella vita è:
“Se lo possono fare gli altri, lo posso fare anch’io”
La scrittura è dedizione, applicazione e studio, ma soprattutto leggere, leggere, leggere.
Ciò premesso, non credo potrò ne vorrò mai considerare lo scrivere un vero lavoro. Credo che se dovessi farlo, dal mio punto di vista, la scrittura perderebbe buona parte di quel fascino di cui una vera passione necessita.
Per esperienza personale, maturata in molti anni di lavoro di cui spesso ne ho fatto una passione, credo di poter asserire questo:
Qualsiasi lavoro fatto con dedizione e passione non lo si può considerare un vero lavoro, in quanto è tempo che dedichiamo a ciò che amiamo fare.
È tempo che dedichiamo a noi stessi ed è fantastico, perché questo approccio può rendere la nostra vita straordinaria.
Il denaro che ne deriva è solo una mera conseguenza.
Questo concetto è molto interessante e ti devo dire con sincerità che lo condivido profondamente. Ora inizierei a parlare del tuo percorso come scrittore. Nel 2019 tu hai pubblicato il tuo primo libro.
“La Guerra della galassia Oscura/ Il Ritorno del Maestro di Luce”. Di che cosa si tratta? Ci parli della trama?
Roberto Ferraresi:
“La Guerra della galassia Oscura” è un romanzo di fantascienza, ambientato in un’ipotetica galassia rimasta isolata nell’universo.
Il titolo potrebbe trarre in inganno letto da solo, anche se ha una sua naturale conseguenza. In realtà la storia si accentra maggiormente sul sottotitolo che è “Il Ritorno del Maestro di Luce”
Non volevo fosse solo una classica storia fantascientifica fatta di guerre intergalattiche, e astronavi ipertecnologiche.
Per me era fondamentale che al suo interno fosse presente un messaggio, un motivo che spingesse il lettore a riflettere: quel motivo che spinge tutti noi quotidianamente a compiere delle scelte, anche quando non ci sentiamo pronti a compierle.
Foto di Roberto Ferraresi
“Cosa fareste se foste chiamati a compiere un destino che non credevate tracciato per voi? Secondo i Maestri di Luce Eterna esistono soltanto due modi per risolvere un tale enigma: rimanere spettatori degli eventi, evitando di rischiare in prima persona, o cambiare le proprie credenze per affrontare impavidi ciò che ci attende. In altre parole, seguire il cammino della Luce o lasciarsi fagocitare dal potere oscuro dell’Assenza?”
Questo breve scorcio tratto dalla sinossi è ciò che maggiormente rappresenta questa storia.
La storia rispetta davvero tutti i canoni classici di un racconto di fantascienza anche spinta al mondo fantasy, ma ciò che non doveva mancare era un messaggio di crescita e di riflessione su ciò che sono i valori della famiglia dell’amicizia e dell’amore.
L’oscurità per esistere necessita della Luce e viceversa.
Trasmettere valori attraverso le storie che costruiamo è sempre molto importante. Ma il tuo non sembra un argomento molto facile da trattare. Immagino che abbia richiesto molta preparazione.
Che cosa ti ha ispirato nella stesura di questo primo libro?
Roberto Ferraresi:
L’ispirazione di questo romanzo nasce da una passione viscerale che ho sin da bambino per la fantascienza e per tutto quel mondo che possiamo definire come fantastico.
A dire il vero, il perché, e il come è nato questo racconto, è un aneddoto che affronto, entrando in profondità nel mio ultimo libro. “Io sono ricco, ma non lo sapevo“.
Credo sia una storia che può essere molto utile a chi scrive. Ci tengo a precisare che questo non è un romanzo ovviamente, ma non voglio farmi uno spoiler (ride, ndr).
In effetti come hai anticipato, scrivere un racconto di fantascienza richiede una certa preparazione. Esistono molti termini di carattere scientifico che vanno utilizzati con una certa coerenza.
Però è anche vero che chi ama questo mondo, oltre che trovare spunti nella propria fantasia, cosa fondamentale, può avvalersi di un mondo di informazioni, sia nella scrittura che nella filmografia, che ci hanno donato tutte quelle persone straordinarie e visionarie, che nel tempo hanno immaginato un mondo che ancora deve palesarsi.
Foto di Roberto Ferraresi
Questa tua passione per la fantascienza ti ha portato ad un seguito. Nel 2020 hai infatti pubblicato “La Guerra della Galassia Oscura/Il segreto della Luce Nera”.
Come mai hai deciso di proseguire con questa serie? Hai riscontrato un buon interesse da parte del pubblico?
Roberto Ferraresi:
La necessità di dare un seguito al “Ritorno del Maestro di Luce” con “Il segreto della Luce Nera”, era inevitabile: ne presi coscienza già quando stavo volgendo al termine della stesura del primo romanzo.
Lo stesso pensiero si è palesato al termine del secondo. Non potevo che farne una trilogia: credo che questo sia il suo dovuto epilogo. Non posso ancora dire quando lo pubblicherò, ma è una certezza.
A volte accade che quando volgi al termine di un racconto, prendi coscienza che quella storia non può concludersi così: è articolata e piena di risvolti che andrebbero approfonditi. Concluderla lascerebbe nel lettore troppe domande inevase.
Devo ammettere che a quasi due anni dalla pubblicazione del primo romanzo l’interesse dei lettori è andato solo in crescendo.
La pubblicazione del secondo volume ha aumentato, e non di poco, l’interesse di chi si era approcciato al primo libro.
Questo non può che inorgoglirmi.
Del resto, una trilogia riesce sempre a raccogliere aspetti utili della storia di ogni personaggio importante del racconto, affinché si comprenda meglio il suo ruolo.
Credo sia davvero interessante per chi si appassiona a quella storia, conoscere le scelte e la vita che i propri eroi compiranno in un arco temporale più completo.
Per me scrivere questa storia è stato davvero un momento fantastico in cui la mia fantasia e la mia creatività mi hanno dato l’opportunità di vivere vite inimmaginabili.
Può sembrare incredibile, ma non vi nego di essermi meravigliato da solo durante la stesura, di quanto sia stato emozionale vivere ogni istante di ogni singolo personaggio: le loro gioie, le loro scelte, le loro difficoltà, le loro vittorie e le loro sconfitte.
Ogni loro momento è stato per me vita vissuta.
Sapere che altre persone leggendolo, possano anch’esse identificarsi in uno o più personaggi vivendone l’esperienza, mi riempie il cuore di gioia.
Niente appaga di più di aver permesso a qualcuno, anche se non so chi sia, di aver sognato ed essersi emozionato anche solo per un istante, leggendo una storia nata da una mia fantasia che ho reso reale.
A dirti la verità, darei qualsiasi cosa perché un giorno un regista vedesse in quella storia la possibilità di portarla sul grande schermo e farne un film.
Poter vedere le espressioni dei miei personaggi e vivere la loro storia fantastica… sarebbe il massimo!
Non so se questa è l’ambizione di ogni scrittore, ma credo che sicuramente siamo in molti a sognare che questo sia il giusto epilogo della nostra storia.
Foto di Roberto Ferraresi
“Io sono ricco – Ma non lo sapevo” è il tuo terzo libro.
Lo hai pubblicato al finire del 2020, proprio a pandemia inoltrata: è stato un caso? Ce ne vuoi parlare?
Roberto Ferraresi:
Direi che con la tua domanda hai colto nel segno…
“Io sono ricco, ma non lo sapevo” nasce proprio in un momento in cui il mondo come noi lo conoscevamo aveva ormai perso molti punti che potevamo considerare di riferimento.
In quel momento sentivo la ferma necessità di dare un mio contributo e di riportare all’attenzione delle persone quell’opportunità di poter guardare il mondo e la loro vita, con una diversa prospettiva.
Io per primo ho vissuto un momento di chiaro sconforto e ciò che è accaduto che ancora accade, ha inevitabilmente cambiato l’approccio a molte certezze che solo sino ad un anno addietro davamo per scontate.
La verità però è sempre molto diversa da ciò che spesso osserviamo: la nostra vita è sicuramente costernata di momenti difficili ma è anche vero che è solo grazie a quei momenti che troviamo la forza e la capacità di evolvere, di migliorarci.
La storia insegna che l’umanità ha dato il meglio di sé proprio quando tutto sembrava essersi smarrito. E così possiamo fare anche noi, singolarmente.
Il mondo e la nostra vita possono essere ciò che noi vogliamo che sia: dipende da come la osserviamo e da come la viviamo. La vita è fatta di scelte e di conseguenze.
“La ricerca della felicità è un cammino che va affrontato a piccoli passi e in sicurezza, ciò che può renderci esseri speciali non è realmente un qualcosa di cui dovremo dotarci, è già tutto insito in noi, ma spesso non ne siamo consapevoli.”
Questa è una delle citazioni del tuo libro “Io sono ricco – Ma non lo sapevo”. Una riflessione sicuramente molto interessante e spirituale, che invita ad una profonda presa di consapevolezza.
Il libro su Amazon lo trovate direttamente da qui:
Questo libro può lenire le ferite che questo periodo storico molto difficile ha causato in tutti noi e darci qualche risposta?
Roberto Ferraresi:
La felicità non è un qualcosa di tangibile, ma è sicuramente un qualcosa che percepiamo come reale.
Proprio per questo motivo credo sia utile dotarsi dei giusti strumenti necessari e conoscere il metodo che ci consenta di riscoprire ciò di cui già disponiamo.
Quando affermo che questi strumenti sono già presenti in noi, ne sono certo. La verità è che il come utilizzarli spesso non ci è stato trasmesso: noi seguiamo semplicemente un istinto e viaggiammo a vista.
Quando con un po’ d’ironia affermo che “non lo sapevo”, mi riferisco proprio a questo:
Nella nostra vita, se davvero lo vogliamo, possiamo sempre trovare il tempo per apprendere cose nuove: come riscoprirle dipende solo da noi e anche da questo dipendono scelte e conseguenze.
Ci sono persone che con una perseveranza incredibile, impiegano buona parte del loro tempo e delle loro energie per promuovere una vita fatta di mancanze e di difficoltà.
Se questo tempo e queste energie le utilizzassero per godere dell’abbondanza e della gioia nell’affrontare quelle difficoltà, sapendo che sono opportunità per essere migliori e vivere a pieno l’esistenza, questo farebbe già la differenza.
Questo come altri spunti come già ho anticipato, nascono da una necessità di dare un contributo personale a tutto ciò.
Non è stato semplice mettersi a nudo, ma era necessario.
In questo viaggio in parte autobiografico ed introspettivo, ho avuto modo di evidenziare, proprio partendo dalla mia personale esperienza, come nella vita ci sia sempre tempo e modo di ritrovare un nuovo percorso verso quella gioia che tutti meritiamo.
Per rispondere alla tua domanda seguente, non so dirti se davvero un libro possa lenire le ferite che la vita ci infligge, o che noi ci infliggiamo: questo è sempre molto soggettivo.
Posso affermare che nella mia di vita spesso un libro giusto ha saputo aprire la mia mente a nuove opportunità, per guardare alle cose dell’esistenza sotto una diversa prospettiva.
Il resto come sempre è tutto riposto sotto la nostra responsabilità.
Se davvero vogliamo cambiare passo nella nostra vita e compiere scelte audaci, è necessario prepararsi, studiare, approfondire, alimentare quei dubbi che ci permettano di porci le giuste domande e, successivamente, di darci le giuste dovute risposte.
Secondo te dove può essere trovata la vera felicità?
Roberto Ferraresi:
Per come la vedo io la felicità è già presente in noi dalla nascita.
La verità è che crescendo, la società e le persone di cui ci contorniamo, volontariamente o inconsapevolmente, creano condizionamenti e dubbi ai quali non sappiamo rispondere.
Questo spesso accade perché non ci facciamo le giuste domande.
Dirò di più, la felicità non è fatta di momenti: siamo noi a dare maggior peso alle difficoltà rendendo più grandi i momenti di sconforto che quelli di gioia.
Fino ad ora tu ti sei sempre autopubblicato.
Come ti sei trovato a pubblicare in self publishing e cosa ne pensi, invece, di chi preferisce rivolgersi ad una casa editrice per una pubblicazione?
Roberto Ferraresi:
Scrivere in self publishing non è stata una scelta, ma un’opportunità. Credo che ogni autore abbia nel cassetto il sogno che un grande editore apponga il suo brand sotto il proprio nome.
Lavorare con un editore che crede davvero nel tuo lavoro, sicuramente potrebbe darti una maggiore visibilità. Ti permetterebbe di essere presente nelle librerie, dando l’opportunità ai lettori di entrare in contatto con la carta e l’odore dell’inchiostro della tua stampa, prenderne possesso emotivamente, magari sfogliandolo per capire se è ciò di cui necessita. Cosa che purtroppo nel vendere on-line viene a mancare.
Ma da dire al fare c’è di mezzo il mare… Chi scrive come me sa di cosa parlo: quest’anno con mia grande gioia i dati delle vendite, soprattutto in Italia sono schizzati verso l’alto, anche se buona parte del lavoro l’ha fatto il mondo on-line.
Ho fatto qualche tentativo di rivolgermi ad alcuni editori, c’è da dire che da neofita non è così semplice avere credito, ma soprattutto mi sono scontrato con delle realtà a dir poco assurde, su cui ho dovuto soffermarmi e riflettere.
Ho fatto l’imprenditore tutta la vita e quando un progetto che mi veniva sottoposto lo ritenevo fattibile, investivo del mio, rischiavo in prima persona.
Quando un presunto editore ti chiede soldi per pubblicarti, obbligandoti ad assumerti tu l’onere, e tenendosi così per sé l’onore, questo stride con la parola imprendere.
Un po’ come dire: “Ti faccio lavorare con me se mi paghi“.
Ecco perché alla fine ho compreso che avrei dovuto investire io in me stesso mettendomi in gioco in prima persona. Ma devo ammettere che, così facendo, qualche bella soddisfazione è arrivata.
Non è stato sicuramente facile: ho investito oltre al denaro, molte energie nello studiare e sperimentare cosa fosse meglio fare, sbagliando e correggendo tutto ciò che necessitava.
Oggi al terzo libro, posso dire di essere molto più ferrato, anche se c’è ancora molto da fare.
Il self publishing è un’opportunità per pubblicarsi subito, senza attendere i tempi biblici di alcuni editori.
Soprattutto all’inizio può anche essere maggiormente remunerativo, ma spesso, se le cose non si fanno come dovrebbero essere fatte, si rischia di uscire con prodotti scadenti.
Dipende da noi, quanto siamo pronti a rischiare nel metterci in gioco.
Premesso questo, aggiungo quanto segue: se domani un editore serio si proponesse, lo ascolterei sicuramente e valuterei con attenzione le sue proposte.
Sul tuo sito ufficiale leggo che, oltre ad essere uno scrittore e un autore, tu sei anche un formatore.
Di quali corsi di formazione ti sei occupato, fino ad ora?
Roberto Ferraresi:
Come ho già anticipato, lavorando nel mondo della bellezza ho iniziato a lavorare sulla formazione delle persone con cui collaboravo.
Prima in termini teorico e pratico, poi sulle potenzialità che ogni persona racchiude, non solo in ambito motivazionale, che è senz’altro utile, ma anche incentivando la crescita personale e la percezione del mondo con cui ognuno di noi interagisce.
Negli anni a seguire ho migliorato le mie skills frequentando e poi mettendo in pratica alcuni corsi di coaching. Cosa che mi è tornata utile, prima di tutto a livello personale, ma mi ha anche permesso di dare supporto alle persone che hanno frequentato i miei corsi.
Al momento sono molto preso con scrittura, ma ho in progetto a breve di creare un percorso dedicato proprio a chi decide di approcciarsi a questo mondo.
Quali altri progetti vedi nel tuo futuro?
Quali altri libri ti piacerebbe scrivere, di quali argomenti vorresti occuparti?
Roberto Ferraresi:
Ti ringrazio per quest’ultima domanda, perché mi fornisce un assist importante.
Al momento sto lavorando anima e cuore ad un bellissimo progetto.
Sono intento nella stesura di un nuovo romanzo di fantascienza, in cui racconterò una possibile realtà a cui potrebbe andare incontro l’umanità, perseguendo le scelte che in pochi fanno continuativamente, a scapito dei molti.
Il mio non vuole essere un racconto di quella fantascienza catastrofica di cui non sono certo appassionato, ma che rispetto comunque come arte creativa.
Diversamente voglio aprire una finestra di denuncia sui rischi che un’umanità imbrigliata e incapace di fare scelte condivise potrebbe affrontare, in un futuro neanche così prossimo.
Non mancherà l’azione ed il divertimento, ma sarà comunque incentrato sulle opportunità che una nuova consapevolezza nel genere umano possa risvegliare le anime perse, ridestando la centralità della vita.
Bene, Roberto, questa era la mia ultima domanda. Io ti ringrazio molto di essere stato ospite sul mio blog, oggi e ti faccio un grande in bocca al lupo per i tuoi progetti presenti e futuri!
Roberto Ferraresi:
Ottimo Martina, ti ringrazio ancora per l’opportunità e l’ospitalità!
Ringrazio i lettori del tuo blog per il tempo dedicatomi, nella speranza che l’aver raccontato qualcosa in più del mio lavoro possa renderlo sempre più condiviso e apprezzato.
Ma, prima di andare, non dimenticarti di lasciare i tuoi recapiti social.
Ben ritrovati ai miei lettori con questa rubrica “10 domande all’autore emergente” firmata Pensieri surreali di gente comune! Quest’oggi abbiamo come ospite un autore emergente, Alessandro Bolzani.
Giornalista e autore del romanzo, Alessandro Bolzani ci farà compagnia oggi parlandoci del suo percorso come autore e del suo libro “I guardiani dei parchi”.
Dunque, Alessandro, innanzitutto ti saluto e ti do il benvenuto sul mio blog! Iniziamo con le 10 domande.
Quando hai sentito in te questa preponderante passione per la scritturae quando hai iniziato a svilupparla?
Alessandro Bolzani: Ciao Martina e grazie mille per questa intervista!
Scrivere mi è sempre piaciuto e ricordo che già alle elementari mi divertivo tantissimo a fare i temi. In un paio di occasioni è pure capitato che la maestra ne leggesse uno davanti a tutta la classe.
Nel periodo delle medie mi sono appassionato molto al genere fantasy, grazie soprattutto a due saghe: “Harry Potter” e “Le Cronache del Mondo Emerso“.
È stata proprio quest’ultima a far nascere in me il desiderio di dare vita a una storia tutta mia, in grado di trasmettere ai lettori le stesse belle sensazioni che quei libri mi avevano fatto provare.
Il mio sogno si è concretizzato nel 2019, quando ho pubblicato il romanzo urban fantasy “I Guardiani dei parchi” assieme alla casa editrice Genesis Publishing. Da allora ho un nuovo obiettivo: continuare a scrivere altri libri e impegnarmi per migliorare sempre di più.
Parlando proprio del tuo primo libro “I guardiani dei parchi”: ci racconti qualcosa in più?
Alessandro Bolzani: Certamente! “I Guardiani dei Parchi” è la storia di Giacomo, un sedicenne che sta attraversando una fase alquanto burrascosa della sua vita.
I genitori hanno divorziato da poco e a causa della loro separazione è stato costretto a lasciare Milano, dove vivono i suoi pochi amici, per trasferirsi a Quercia Alta, una cittadina (immaginaria) del nord Italia.
Quello che potrebbe sembrare un passo indietro sotto ogni punto di vista nasconde però dei vantaggi inaspettati. Visitando il parco di Quercia Alta, Giacomo scopre di essere in possesso di un’abilità fuori dal comune.
Lui è in grado di vedere delle creature provenienti da mondi diversi dalla Terra.
Questi esseri fantastici sono normalmente invisibili all’interno dei parchi, a causa della magia presente in questi luoghi, ma possono essere viste da chiunque nel momento in cui abbandonano l’area. Per evitare che ciò accada è stato istituito l’Ordine dei Guardiani dei Parchi, un’organizzazione segreta che gestisce i rapporti con gli altri mondi ed elimina ogni possibile minaccia.
La capacità di Giacomo di vedere le creature provenienti dagli altri mondi all’interno dei parchi lo rende un candidato ideale per unirsi all’Ordine. Per il giovane si tratta di una prospettiva allettante, anche se non priva di insidie.
Dopotutto chi entra a far parte dell’associazione segreta non può tirarsi indietro in un secondo momento ed è chiamato ad affrontare vari pericoli, tra cui le creature oscure, delle entità irrazionali il cui unico scopo è soddisfare il proprio appetito.
Inoltre, negli altri mondi si stanno verificando evasioni, rapimenti e omicidi. Tutto induce a pensare che esista un legame tra questi macabri avvenimenti e che qualcuno potrebbe essere intento a tramare nell’ombra per vendicarsi di un antichissimo torto.
Ma questo Giacomo non lo sa…
Creature oscure, magia, esseri fantastici.. c’è questo e anche di più, racchiuso nel tuo libro!
(Lo potete trovare su Amazon direttamente da qui):
Che cosa ti ha ispirato nella stesura della trama?
Alessandro Bolzani: L’ispirazione è arrivata perlopiù dal mondo reale.
A pochi chilometri da casa mia c’è un parco molto simile a quello descritto nel romanzo ed esplorandolo mi è capitato spesso di fantasticare su possibili storie ambientate in un luogo simile.
L’idea dei portali mi è venuta osservando un cromlech, un insieme di pietre disposte a circolo. Il suo aspetto suggestivo mi ha spinto a immaginarlo con un punto di collegamento tra la terra e varie altre realtà.
Da lì a buttare già una prima bozza della trama, il passo è stato molto breve.
Foto di: Gabriele Glinni e Emanuela Notarangelo
Per quanto riguarda il protagonista, Giacomo: ti sei ispirato aqualcuno nel creare questo personaggio?
Alessandro Bolzani: Giacomo è un misto tra il me stesso adolescente e vari eroi dei romanzi di formazione, come “Harry Potter” o, con le dovute proporzioni, “David Copperfield” (anche se credo che Giacomo sia un po’ meno sfortunato di lui!).
Devo dirti che mi piace molto la copertina del libro: soprattutto questo colore verde, è moltod’effetto!
Sei stato tu a scegliere la grafica della copertina?
Alessandro Bolzani: La copertina è stata realizzata dalla bravissima Ester Kokunja, una grafica che ha curato varie cover dei romanzi editi da Genesis Publishing.
Le ho lasciato massima libertà, sia sullo stile da usare che sulla scena da rappresentare, ma incredibilmente è riuscita a dare vita a un’illustrazione molto simile a quella che avevo sempre immaginato.
Sono molto contento che al posto di puntare su una copertina realistica (non ne sono un grande amante, devo essere sincero), abbia optato per un risultato più “astratto”.
Parlando invece di case editrici: molti autori lamentano la difficoltà nel trovare una casa editrice che pubblichi il loro libro.
Hai riscontrato anche tu delle difficoltà nel trovare una casa editrice?
Alessandro Bolzani: In realtà no, ma credo di essere stato fortunato.
Pochi mesi dopo aver concluso il romanzo ho selezionato una decina di case editrici a cui inviarlo, sperando che almeno una si dimostrasse interessata.
Dopo poche settimane è arrivata la proposta della Genesis Publishing, che ho accettato senza esitazioni. In seguito, quando avevo già firmato il contratto, altre due case editrici hanno espresso il loro interesse nei confronti del romanzo.
Devo ammettere che è stata una bella iniezione di autostima (ride, ndr).
Cosa ne pensi del self publishing? Come mai non hai optato per questa scelta?
Alessandro Bolzani: Il self publishing è un ottimo modo per mettere in vendita le proprie opere senza dover affrontare l’iter classico (spesso un po’ lento e difficoltoso). Tuttavia richiede una grande quantità di tempo ed energie da investire nell’autopromozione, dunque non deve essere preso sottogamba.
Personalmente ho scelto il percorso “tradizionale” perché sentivo il bisogno di un “filtro” tra me e lo scaffale della libreria, di qualcuno che mi dicesse:
“Sì, sono pronto a scommettere sul suo libro”.
Non sono troppo bravo a giudicare la qualità dei miei racconti, quindi sapere che c’è qualcuno che crede nel loro potenziale mi aiuta a capire di aver fatto un buon lavoro.
È per questo che sono fermamente contrario alle case editrici a pagamento, che spesso accettano di tutto (purché l’autore paghi).
Il self publishing comunque mi incuriosisce molto e prima o poi mi piacerebbe provare a sondarne le potenzialità.
Parlando di lettura, invece. Ti potresti definire un lettore molto forte?
Hai degli autori di riferimento?
Alessandro Bolzani: Cerco di leggere due o tre libri al mese, anche se non sempre ci riesco (dipende molto dagli impegni e anche dalla lunghezza dei volumi in questione).
Ho tanti altri hobby, come i videogiochi e l’animazione giapponese, ma cerco sempre di ritagliare uno spazio ai libri.
Ritengo la lettura un “allenamento” fondamentale per uno scrittore.
Ci sono molti autori che apprezzo, ma quelli che, per un motivo o per l’altro, mi hanno colpito di più sono: Stephen King, Haruki Murakami, H. P. Lovecraft e J.K. Rowling.
Tu sei laureato in Comunicazione, Innovazione e Multimedialità e lavori come giornalista presso AlaNews.
In che modo il tuo percorso di studi e il tuo lavoro ha ispirato la tua voglia di scrivere un libro?
Che cosa hai imparato nella “teoria” da mettere in atto nella “pratica”?
Alessandro Bolzani: Alcuni corsi che ho seguito all’università mi hanno aiutato ad ampliare i miei orizzonti e a ottenere una visione più vasta del mondo.
Per esempio ho approfondito alcuni aspetti del mondo dell’editoria che conoscevo solo marginalmente, come gli audiolibri e la “stampa su richiesta” (print on demand): ho capito un po’ meglio i torbidi meccanismi della politica e mi sono avvicinato all’affascinante mondo della scrittura SEO oriented.
Sia l’università che il lavoro come giornalista hanno in parte influito sulla mia passione per la scrittura, ma in realtà li vedo più come binari separati che si incrociano solo di tanto in tanto.
Vorresti pubblicare altri libri in futuro?
Credi che sia questa la tua strada?
Alessandro Bolzani: Sì, ho molte storie in mente e voglio provare a raccontarne la maggior parte. In questo periodo sto lavorando a un nuovo progetto, ma è ancora presto per scendere nei dettagli.
Spero, però, di poterne parlare apertamente già tra qualche mese.
Bene, Alessandro, questa era la mia ultima domanda.Grazie per essere stato qui con me, oggi, sul mio blog. Io ti faccio un grande in bocca al lupo per il futuro e… complimenti ancora per il tuo libro!
Alessandro Bolzani: Grazie mille!
… Ma, prima di andare, non dimenticarti di lasciare qui sotto i tuoi recapitisocial.
Recapiti social di Alessandro Bolzani:
Link di acquisto del libro: Potete trovarlo su Amazon (anche in edizione cartacea) e su altri store (trovate l’elenco completo qui).