Autori emergenti

Alessandro Bolzani: 10 domande all’autore de ‘I guardiani dei parchi’

Ben ritrovati ai miei lettori con questa rubrica “10 domande all’autore emergente” firmata Pensieri surreali di gente comune
Quest’oggi abbiamo come ospite un autore emergente, Alessandro Bolzani.

Giornalista e autore del romanzo, Alessandro Bolzani ci farà compagnia oggi parlandoci del suo percorso come autore e del suo libro “I guardiani dei parchi”.

Dunque, Alessandro, innanzitutto ti saluto e ti do il benvenuto sul mio blog!
 Iniziamo con le 10 domande.

Alessandro Bolzani

Quando hai sentito in te questa preponderante passione per la scrittura e quando hai iniziato a svilupparla?

Alessandro Bolzani: Ciao Martina e grazie mille per questa intervista!

Scrivere mi è sempre piaciuto e ricordo che già alle elementari mi divertivo tantissimo a fare i temi. In un paio di occasioni è pure capitato che la maestra ne leggesse uno davanti a tutta la classe.

Nel periodo delle medie mi sono appassionato molto al genere fantasy, grazie soprattutto a due saghe: “Harry Potter” e “Le Cronache del Mondo Emerso“.

È stata proprio quest’ultima a far nascere in me il desiderio di dare vita a una storia tutta mia, in grado di trasmettere ai lettori le stesse belle sensazioni che quei libri mi avevano fatto provare.

Il mio sogno si è concretizzato nel 2019, quando ho pubblicato il romanzo urban fantasy “I Guardiani dei parchi” assieme alla casa editrice Genesis Publishing.
Da allora ho un nuovo obiettivo: continuare a scrivere altri libri e impegnarmi per migliorare sempre di più.

Alessandro Bolzani

Parlando proprio del tuo primo libro “I guardiani dei parchi”: ci racconti qualcosa in più?

Alessandro Bolzani: Certamente! “I Guardiani dei Parchi” è la storia di Giacomo, un sedicenne che sta attraversando una fase alquanto burrascosa della sua vita.

I genitori hanno divorziato da poco e a causa della loro separazione è stato costretto a lasciare Milano, dove vivono i suoi pochi amici, per trasferirsi a Quercia Alta, una cittadina (immaginaria) del nord Italia.

Quello che potrebbe sembrare un passo indietro sotto ogni punto di vista nasconde però dei vantaggi inaspettati. Visitando il parco di Quercia Alta, Giacomo scopre di essere in possesso di un’abilità fuori dal comune.

Lui è in grado di vedere delle creature
provenienti da mondi diversi dalla Terra. 

Alessandro Bolzani

Questi esseri fantastici sono normalmente invisibili all’interno dei parchi, a causa della magia presente in questi luoghi, ma possono essere viste da chiunque nel momento in cui abbandonano l’area. Per evitare che ciò accada è stato istituito l’Ordine dei Guardiani dei Parchi, un’organizzazione segreta che gestisce i rapporti con gli altri mondi ed elimina ogni possibile minaccia.

La capacità di Giacomo di vedere le creature provenienti dagli altri mondi all’interno dei parchi lo rende un candidato ideale per unirsi all’Ordine. Per il giovane si tratta di una prospettiva allettante, anche se non priva di insidie.

Dopotutto chi entra a far parte dell’associazione segreta non può tirarsi indietro in un secondo momento ed è chiamato ad affrontare vari pericoli, tra cui le creature oscure, delle entità irrazionali il cui unico scopo è soddisfare il proprio appetito.

Inoltre, negli altri mondi si stanno verificando evasioni, rapimenti e omicidi. Tutto induce a pensare che esista un legame tra questi macabri avvenimenti e che qualcuno potrebbe essere intento a tramare nell’ombra per vendicarsi di un antichissimo torto.

Ma questo Giacomo non lo sa…

Alessandro Bolzani

Creature oscure, magia, esseri fantastici.. c’è questo e anche di più, racchiuso nel tuo libro!

(Lo potete trovare su Amazon direttamente da qui):

Che cosa ti ha ispirato nella stesura della trama?

Alessandro Bolzani: L’ispirazione è arrivata perlopiù dal mondo reale.

A pochi chilometri da casa mia c’è un parco molto simile a quello descritto nel romanzo ed esplorandolo mi è capitato spesso di fantasticare su possibili storie ambientate in un luogo simile.

L’idea dei portali mi è venuta osservando un cromlech, un insieme di pietre disposte a circolo. Il suo aspetto suggestivo mi ha spinto a immaginarlo con un punto di collegamento tra la terra e varie altre realtà. 

Da lì a buttare già una prima bozza della trama, il passo è stato molto breve. 

Foto di: Gabriele Glinni e Emanuela Notarangelo

Per quanto riguarda il protagonista, Giacomo: ti sei ispirato a qualcuno nel creare questo personaggio?

Alessandro Bolzani: Giacomo è un misto tra il me stesso adolescente e vari eroi dei romanzi di formazione, come “Harry Potter” o, con le dovute proporzioni, “David Copperfield” (anche se credo che Giacomo sia un po’ meno sfortunato di lui!).

Devo dirti che mi piace molto la copertina del libro: soprattutto questo colore verde, è molto d’effetto!

Sei stato tu a scegliere la grafica della copertina?

Alessandro Bolzani: La copertina è stata realizzata dalla bravissima Ester Kokunja, una grafica che ha curato varie cover dei romanzi editi da Genesis Publishing.

Le ho lasciato massima libertà, sia sullo stile da usare che sulla scena da rappresentare, ma incredibilmente è riuscita a dare vita a un’illustrazione molto simile a quella che avevo sempre immaginato.

Sono molto contento che al posto di puntare su una copertina realistica (non ne sono un grande amante, devo essere sincero), abbia optato per un risultato più “astratto”. 

Alessandro Bolzani

Parlando invece di case editrici: molti autori lamentano la difficoltà nel trovare una casa editrice che pubblichi il loro libro.

Hai riscontrato anche tu delle difficoltà nel trovare una casa editrice?

Alessandro Bolzani: In realtà no, ma credo di essere stato fortunato.

Pochi mesi dopo aver concluso il romanzo ho selezionato una decina di case editrici a cui inviarlo, sperando che almeno una si dimostrasse interessata.

Dopo poche settimane è arrivata la proposta della Genesis Publishing, che ho accettato senza esitazioni. In seguito, quando avevo già firmato il contratto, altre due case editrici hanno espresso il loro interesse nei confronti del romanzo.

Devo ammettere che è stata una bella iniezione di autostima (ride, ndr).

Cosa ne pensi del self publishing? Come mai non hai optato per questa scelta?

Alessandro Bolzani: Il self publishing è un ottimo modo per mettere in vendita le proprie opere senza dover affrontare l’iter classico (spesso un po’ lento e difficoltoso). Tuttavia richiede una grande quantità di tempo ed energie da investire nell’autopromozione, dunque non deve essere preso sottogamba. 

Personalmente ho scelto il percorso “tradizionale” perché sentivo il bisogno di un “filtro” tra me e lo scaffale della libreria, di qualcuno che mi dicesse:

“Sì, sono pronto a scommettere sul suo libro”.

Alessandro Bolzani

Non sono troppo bravo a giudicare la qualità dei miei racconti, quindi sapere che c’è qualcuno che crede nel loro potenziale mi aiuta a capire di aver fatto un buon lavoro.

È per questo che sono fermamente contrario alle case editrici a pagamento, che spesso accettano di tutto (purché l’autore paghi).

Il self publishing comunque mi incuriosisce molto e prima o poi mi piacerebbe provare a sondarne le potenzialità.

Parlando di lettura, invece.
Ti potresti definire un lettore molto forte?

Hai degli autori di riferimento?

Alessandro Bolzani: Cerco di leggere due o tre libri al mese, anche se non sempre ci riesco (dipende molto dagli impegni e anche dalla lunghezza dei volumi in questione).

Ho tanti altri hobby, come i videogiochi e l’animazione giapponese, ma cerco sempre di ritagliare uno spazio ai libri.

Ritengo la lettura un “allenamento” fondamentale per uno scrittore.

Ci sono molti autori che apprezzo, ma quelli che, per un motivo o per l’altro, mi hanno colpito di più sono: Stephen King, Haruki Murakami, H. P. Lovecraft e J.K. Rowling.

Alessandro Bolzani

Tu sei laureato in Comunicazione, Innovazione e Multimedialità e lavori come giornalista presso AlaNews.

In che modo il tuo percorso di studi e il tuo lavoro ha ispirato la tua voglia di scrivere un libro?

Che cosa hai imparato nella “teoria” da mettere in atto nella “pratica”?

Alessandro Bolzani: Alcuni corsi che ho seguito all’università mi hanno aiutato ad ampliare i miei orizzonti e a ottenere una visione più vasta del mondo.

Per esempio ho approfondito alcuni aspetti del mondo dell’editoria che conoscevo solo marginalmente, come gli audiolibri e la “stampa su richiesta” (print on demand): ho capito un po’ meglio i torbidi meccanismi della politica e mi sono avvicinato all’affascinante mondo della scrittura SEO oriented. 
Alessandro Bolzani

Sia l’università che il lavoro come giornalista hanno in parte influito sulla mia passione per la scrittura, ma in realtà li vedo più come binari separati che si incrociano solo di tanto in tanto.

Vorresti pubblicare altri libri in futuro?

Credi che sia questa la tua strada?

Alessandro Bolzani: Sì, ho molte storie in mente e voglio provare a raccontarne la maggior parte. In questo periodo sto lavorando a un nuovo progetto, ma è ancora presto per scendere nei dettagli.

Spero, però, di poterne parlare apertamente già tra qualche mese.

Bene, Alessandro, questa era la mia ultima domanda. Grazie per essere stato qui con me, oggi, sul mio blog.
Io ti faccio un grande in bocca al lupo per il futuro e… complimenti ancora per il tuo libro!

Alessandro Bolzani: Grazie mille!

… Ma, prima di andare, non dimenticarti di lasciare qui sotto i tuoi recapiti social.

Recapiti social di Alessandro Bolzani:

  • Link di acquisto del libro: Potete trovarlo su Amazon (anche in edizione cartacea)  e su altri store (trovate l’elenco completo qui).

Martina Vaggi

Photo credit: Pixabay e Pexels.
Gabriele Glinni e Emanuela Notarangelo.

Autori emergenti

Paolo Arigotti: 10 domande all’autore del libro “Il collegio dei segreti”

Ben ritrovati con la rubrica “10 domande all’autore” firmata Pensieri surreali di gente comune!
Quest’oggi abbiamo ospite Paolo Arigotti, autore emergente di tre libri: “Un triangolo rosa”, “Sorelle molto speciali” e “Il Collegio dei segreti”.

Ci racconterà la sua esperienza come scrittore.
Ben trovato Paolo Arigotti, sono felice di averti qui sul mio blog.
Ecco la prima domanda:

Quando è nata in te la passione per la scrittura?

In un certo senso credo che sia nata con me: basta pensa che, qualche settimana, fa riordinando vecchie carte ho ritrovato alcuni racconti o incipit di romanzi scritti durante il periodo della scuola superiore. 

Il tuo primo libro, “Un triangolo rosa” risale al 2015 ed è appena stato ripubblicato con CTL Editore. 

Che cosa ti ha spronato a pensare: “Devo farlo, devo scrivere un libro”?

Il romanzo è stato scritto tra il 2013 e 2014 e fu il frutto di un viaggio in Polonia, durante il quale visitai il memoriale di Auschwitz. Furono i racconti delle guide ad ispirarmi la vicenda dei tre protagonisti, che ho trasformato nel mio primo libro.

Paolo Arigotti

Parlando proprio del tuo primo libro, “Un triangolo rosa”: vuoi descriverci la trama?

Di che cosa tratta?

Si tratta di una storia d’amore gay che coinvolge tre uomini, due italiani e un tedesco, sullo sfondo dei drammatici eventi degli anni Trenta e Quaranta del Novecento. La trama si snoda attraverso quei fatti, con una serie di colpi di scena che condurranno i protagonisti nell’inferno di Auschwitz.

(Libro su Amazon):

In questo libro tu affronti un tema molto forte: quello di un amore omosessuale durante il periodo nazista, momento storico in cui, come sappiamo tutti, purtroppo gli omosessuali erano brutalmente perseguitati. 
Come ti è venuta l’ispirazione di affrontare proprio questo argomento e perché?

Il titolo si riferisce all’amore tra i tre uomini?

Anche se il termine “rosa” mi mette un dubbio…

Il titolo si collega con le vicende dei tre protagonisti, però ha pure un altro significato, visto che il triangolo rosa cucito sulle divise individuava i gay internati nei lager ed avviati allo sterminio.

La mia grande passione per la storia del Novecento mi ha assieme aiutato ed ispirato nelle ricerche, che hanno dato vita a questo romanzo.

Parlerei ora di “Sorelle molto speciali”, il tuo secondo romanzo, pubblicato nel 2018 con Link Edizioni. Libro del quale mi piace moltissimo la copertina, ti devo dire la verità.

Qual è la trama di “Sorelle molto speciali“?

Si tratta anche in questo caso di una storia d’amore, di un altro tipo però, precisamente quello di una madre per le sue figlie gemelle, una delle quali nata con la sindrome di Down. Parliamo sempre degli anni Trenta del secolo scorso, una condizione oltremodo difficile per l’epoca e sullo sfondo di un’altra tragedia: il folle progetto nazista dell’eliminazione dei disabili mentali, a cominciare proprio dai bambini.

In questo libro affronti anche il tema della disabilità, in quanto una delle protagoniste è affetta dalla sindrome di Down.

Paolo Arigotti

Quali valori volevi trasmettere ai tuoi lettori affrontando questa tematica?

Il coraggio di sfidare i pregiudizi e di non arrendersi,
specie quando la vita ti mette di fronte sfide apparentemente impossibili.

Siamo arrivati al tuo ultimo libro: “Il collegio dei segreti”, pubblicato nel 2020 con Onda d’Urto Edizioni. 
Quest’ultimo libro, più che narrare una storia, ripercorre un fatto storico realmente accaduto, è corretto?

“Il collegio dei segreti” si basa su fatti realmente accaduti?

I protagonisti sono personaggi di fantasia, ma i fatti storici – la resistenza tedesca giovanile contro il nazismo – sono reali ed ho voluto provare a riportare alla luce la storia dimenticata di tanti eroi condannati all’oblio per tante ragioni, storiche e politiche.

Paolo Arigotti

Fai un frequente ricorso alla storia nei tuoi libri, specialmente al periodo del Nazismo: che cosa ti ha spinto ad occuparti proprio di quel periodo storico cosi drammatico e nefasto?

Che valori volevi trasmettere occupandoti del periodo nazista?

Io sono un appassionato di storia del Novecento da sempre, il che mi ha spinto a conseguire una seconda laurea in questa materia lo scorso anno.

Il valore più importante è quello della memoria, intesa non come semplice ricordo, ma soprattutto per comprendere come certi fatti sono potuti accadere e scongiurare il pericolo che possano ripetersi.

Su Amazon trovate anche “Il collegio dei segreti“, qui:

I tuoi libri sono stati tutt’e tre pubblicati con un editore: cosa ne pensi di chi oggi preferisce rivolgersi al self-publishing?

Tu hai mai considerato questa opzione?

Io sono più incline alla pubblicazione tramite l’editoria tradizionale, purché non si tratti di editoria a pagamento, scelta che con tutto il rispetto non condivido. Il self publishing in Italia non è decollato come in altre realtà (penso a quella americana ad esempio), ma non ho nulla da eccepire nei confronti di chi fa questa scelta.

Tu gestisci anche una pagina YouTube intitolata “Il salotto culturale di Paolo Arigotti Scrittore”, dove intervisti autori ed editori.

Vuoi raccontarci qualcosa di questa bella iniziativa? 

Si tratta di una piccola rubrica che gestisco da oltre un anno sul mio canale YouTube, dove intervisto autori ed autrici di tutta Italia (e non solo), dedicandoci non soltanto alle opere letterarie, ma a tanti argomenti storici, culturali e di attualità.

L’ho creata per via delle restrizioni imposte dai vari lockdown, stante l’impossibilità di realizzare eventi dal vivo; non credo che il web debba sostituire questi ultimi, ma certamente può affiancarsi come importante strumento di promozione della cultura.

E noi non possiamo che essere d’accordo con te…
Bene, Paolo Arigotti, questa era la mia ultima domanda… Sono molto contenta di averti avuto ospite oggi sul mio blog.
Io ti saluto e ti faccio un grosso in bocca al lupo per i tuoi libri… e per quelli che verranno! 

Tante grazie Martina, piacere mio.

Ma, prima di andare…

Recapiti social Paolo Arigotti:

Paolo Arigotti, Paolo Arigotti, Paolo Arigotti

Martina Vaggi

Photo credit: le foto presenti in articolo sono tutte di Paolo Arigotti, che me le ha concesse solo ai fini della pubblicazione dell’articolo.

Autori emergenti

Giorgia Amantini: 10 domande all’autrice di ‘Vortice’ e ‘Muro contro Muro’

Un caro saluto ai lettori del mio blog!
Per questa nuova rubrica di collaborazioni intitolata “10 domande all’autore“, ad opera di “Pensieri surreali di gente comune”, abbiamo come ospite quest’oggi Giorgia Amantini, autrice emergente di due libri e regista teatrale per l’associazione culturale Arcadialogo di Nettuno.

Partiamo subito con le domande all’autrice.

Innanzitutto, saluto Giorgia Amantini e le do il benvenuto sul mio blog!

Iniziamo subito parlando di te e del tuo percorso: tu sei laureata in Management, economia, finanza e diritto d’impresa. Vedendo il percorso di studi da te intrapreso, mi viene da subito la curiosità di farti questa prima domanda.

Quand’è che ti sei avvicinata alla scrittura? 

Giorgia Amantini: Ciao Martina e grazie per avermi ospitato sul tuo blog, sono molto felice che tu mi abbia dato la possibilità di potermi esprimere e far conoscere ai tuoi lettori. Sì, a prima vista riesce difficile credere, vedendo il mio percorso di studi, che possa essermi dedicata alla scrittura. Ma questa passione l’ho scoperta quando avevo 17 anni, in seguito a un evento personale molto doloroso che ha dato modo di far esplodere tutto quello che avevo dentro proprio attraverso la scrittura medesima.

Giorgia Amantini

Amo la letteratura da sempre, ma la scrittura è qualcosa a cui mi sono avvicinata in giovane età anche grazie all’esperienza teatrale amatoriale, che mi ha permesso, poi, di spaziare e di affinare tecnicamente il mio modo di scrivere.

Scrivere sempre per poter scrivere sempre meglio.

E io la faccio, ormai, da vent’anni. Sperando di migliorare giorno dopo giorno.

Qual è stato il momento decisivo che ti ha spinto a pensare: “Voglio provarci: voglio pubblicare un libro”?

Giorgia Amantini: È stato un momento molto particolare, anche perché arrivato in ritardo rispetto a quando lo avevo sognato. Contando che la mia prima pubblicazione risale al 2018, si può capire quanto sia stata insicura e spaventata nel buttarmi a voler proporre un mio inedito a una casa editrice. Ciò che mi ha spinto a farlo è stata sicuramente una consapevolezza maggiore di me stessa.

Sai, a volte non sempre diamo a noi stessi il rispetto che meritiamo, diamo sempre importanza ad altro, facendolo diventare per necessità la nostra priorità.

Ecco, posso dire che in un momento non molto positivo che stavo vivendo nel 2018, sono riuscita a trovare la forza per dire basta e per dedicarmi finalmente a ciò che desideravo. È stato un tentativo che poi è riuscito, è scattato qualcosa dentro di me forse legato alla voglia di voler finalmente esprimere la mia interiorità, fino ad allora nascosta nei numerosi inediti che ho nel mio cassetto. E da lì, non mi sono più fermata.

Parliamo proprio del 2018, l’anno in cui hai pubblicato il libro “Vortice”, edito da Albatros Il Filo.

Potresti raccontarci di cosa parla il libro “Vortice”?

Giorgia Amantini: “Vortice” ha nel titolo tutto ciò che esprime. I sentimenti dei protagonisti, tutti anonimi, tutti quasi surreali, tutti legati alla loro inesorabile vita/non vita, ti trascinano nel vortice delle loro sensazioni più profonde e segrete. Soprattutto la mia Lei, una donna che non hai mai compreso fino in fondo di essere tale fino a quando non incontra in circostanze molto particolari questo Lui imperfetto, ma umano.

Vortice” è un monologo introspettivo dove ognuno si può riconoscere nei suoi tormenti personali. Non c’è spazio, non c’è tempo, non ci sono riferimenti: c’è solo un momento, un istante che si dilata nella storia diventando “la storia”, un momento che però cambierà per sempre la vita dei protagonisti, portandoli finalmente a scegliere di essere liberi. Nel bene e nel male.

Giorgia Amantini

Leggendo la sinossi, appare chiaro che si tratta di un’avvincente storia dai toni cupi e dai forti colpi di scena. Ma un aspetto mi ha incuriosita molto.

In “Vortice” c’è di mezzo anche una storia d’amore?

Puoi svelarci qualcosa, sotto questo aspetto?

Giorgia Amantini: Posso dirti che questa storia d’amore di cui parli, non è una storia d’amore convenzionale. Lei e Lui si amano, ma non di quel sentimento passionale e fisico che tutti conosciamo e raccontiamo, ma di un sentimento umano.

Entrambi, durante il loro incontro forzato, scoprono solidarietà, dolcezza, comprensione, come se quel momento che stanno vivendo li possa far redimere dal loro essere/non essere. Come se fino ad allora non avessero mai vissuto veramente, prigionieri di sé stessi: è nel loro conoscersi che trovano finalmente la chiave della propria libertà.

Ci sono dei momenti nel romanzo che fanno capire proprio questo, momenti molto profondi, ma sempre fortemente introspettivi.

Il libro su Amazon lo potete trovate qui:

Parliamo invece del tuo secondo libro, “Muro contro muro”, pubblicato nel 2020 con Argento Vivo Edizioni.

In questo libro sono trattati avvenimenti storici molto importanti e forti, come la caduta del Muro di Berlino e l’11 Settembre 2001: queste situazioni fanno solo da sfondo alla trama del libro o sono da te state approfondite lungo il racconto?

Ci vuoi raccontare che cosa ti ha spinto ad occuparti di realtà storiche così forti e a riportarle in un libro?

Giorgia Amantini: Amo la storia da sempre, molti la considerano noiosa, io, invece, la trovo appassionante. Ed è stata questa mia passione a spingermi a scrivere un piccolo romanzo storico come “Muro contro muro”. In realtà, l’idea di partenza era soltanto un atto unico teatrale che poi, in scrittura, è diventato qualcosa di più, trasformandosi in un racconto che attraversava ben venticinque anni di storia internazionale.

Le situazioni narrate sono legate soprattutto ai miei ricordi: nel 1989 avevo sei anni, nel 2001 ne avevo diciotto e ho potuto assistere, come tutti, in diretta televisiva a quanto stava succedendo, con una maturità e una consapevolezza ben diverse.

E proprio i miei ricordi, legati a un approfondimento degli eventi sopra narrati, si sono fusi perfettamente con la fantasia che mi ha dato modo, attraverso i personaggi protagonisti, di far emergere proprio la storia in quanto contesto e la storia in quanto filone narrativo. Tutti sono parte di essa, la costruiscono, la vivono, la soffrono, la cambiano, la redimono.

Berlino e New York sono due momenti fondamentali per la crescita dei protagonisti, ma lo sono stati anche per quella dell’autrice che dentro vi ha messo tutto ciò che ha provato, cercando di trascinare il lettore lì con sé, rendendolo a sua volta protagonista e non solo spettatore. Per non dimenticare ciò che siamo stati e ciò che potremmo diventare.

Giorgia Amantini

Parliamo dell’inedito “L’anno che verrà”.

Tu hai vinto il “Premio Speciale della Società Romantica” al Premio Nazionale di Narrativa “Jerome Salinger” – Città di Pescara – per l’anno 2019/2020, gareggiando con l’inedito “L’anno che verrà”. 

Vuoi raccontarci qualcosa su questo libro? 
Hai già trovato una casa editrice con la quale pubblicarlo?

Giorgia Amantini: Ti ringrazio per averne fatto menzione, questa è stata la più bella soddisfazione letteraria che abbia mai avuto (pubblicazioni a parte, ovviamente). Il libro è ancora inedito ed è attualmente iscritto a un altro concorso letterario che come premio ha proprio la pubblicazione. Ci spero molto, ma anche se non dovesse succedere, continuerei comunque a puntare su questo libro con altre case editrici perché lo considero un po’ il precursore degli altri due.

Anche se svincolato nelle tematiche, “L’anno che verrà” ha posto le basi per il mio stile di scrittura. Fino ad allora, rileggendomi, mi ero sempre piaciuta poco. Qui, invece, ho scoperto di poter andare oltre, di osare (sia sintatticamente che tematicamente), di poter raccontare una storia d’amore che sfida i tempi. 


Filippo e Virginia sono due ragazzi che nel Capodanno del 1975 vivono il loro amore e che, nel Capodanno di trentacinque anni dopo, si ritrovano a dover fare i conti con ciò che la vita ha riservato loro.
Quell’anno che doveva venire in gioventù, verrà dunque trentacinque anni dopo?

Lo scopriremo solo leggendo. Spero molto presto.

Giorgia Amantini

A proposito di pubblicazioni… Ho notato che, fino ad ora, hai sempre pubblicato con case editrici.

C’è mai stato un momento in cui hai pensato di rivolgerti al self publishing?

Giorgia Amantini: Il self publishing è sempre stato nei miei pensieri, ma mi manca una sola cosa: il tempo. Forse molti non lo sanno, ma c’è un lavoro enorme dietro, dall’apertura dell’account all’impaginazione del libro, dai collegamenti tecnici a quelli pratici e per una un po’ analogica come me la percezione del tempo da impiegare raddoppia!

Quindi ti dico che, avendo una trilogia che sto finendo di scrivere nel mio famoso cassetto, il self publishing molto presto lo farò. Non so quantificare questo “presto”, ma lo farò. Anche perché lo ritengo utile e molto ben strutturato soprattutto nella distribuzione. Le grandi piattaforme, ormai, ti danno tutto il supporto possibile al riguardo e quindi, sicuramente, molto presto arriverò anche io in questo mondo.

L’Associazione Culturale Arcadialogo di Nettuno

Tu sei anche regista teatrale amatoriale.
Ci racconti qualcosa a proposito dell’Associazione?  

Giorgia Amantini: L’Associazione è un’altra grande soddisfazione della mia vita. Sono tra i soci fondatori e quando è nata, nel 2007, eravamo tutti più giovani, più incoscienti e, sicuramente, più pazzi. È stata una scommessa vinta soprattutto dal punto di vista culturale perché non abbiamo portato in scena soltanto testi teatrali conosciuti, ma anche nostre produzioni.

Non è da tutti puntare sulla qualità di scrittura dei propri membri, eppure questa associazione ha creduto sempre di dover sponsorizzare culturalmente le idee e i progetti dei propri soci, proprio per farli crescere.

Oltre al teatro, abbiamo realizzato anche alcuni cortometraggi, partecipato a eventi sociali importanti (come la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che è un nostro grande appuntamento ormai dal 2011), concesso ai nostri soci di scrivere copioni teatrali e di rappresentarli.

Lo spirito culturale che pervade l’Arcadialogo è fortissimo e nessuno ha mai ostacolato la crescita dei propri membri. Ecco, credo che da fondatore non potevo augurarmi di meglio: ci siamo tolti tante soddisfazioni e tante ce ne toglieremo non appena tutto tornerà alla normalità. Speriamo presto.

Giorgia Amantini

Di quali spettacoli teatrali ti sei occupata, fino ad ora?

Giorgia Amantini: Come regista e attrice ho portato in scena due copioni teatrali, “Whisky, bugie e sottovesti” nel 2014 e “Shampoo a secco” nel 2015, due commedie di cui vado molto orgogliosa. Sempre nel 2015 ho curato un omaggio a Eduardo De Filippo, a Totò e alla musica napoletana portando in scena “Voce’e notte” che mi ha dato la gioia più grande che potessi desiderare da attrice amatoriale.

Inoltre, nel sociale, ho curato per la giornata internazionale contro la violenza sulle donnereading fotografici e teatrali di “Anime nel buio” nel 2011 (da cui ne ho tratto anche un corto) e di “Istantanima” nel 2012.

L’ultimo omaggio portato in scena è stato “Ciao Alda, Ciao amore” nel 2019 dedicato alla poetessa Alda Merini, legando la sua poesia con quella musicale di Luigi Tenco. Da allora, tantissimi progetti sono ancora fermi, nell’attesa di poter essere rappresentati. Grazie per avermi fatto rivivere in questo breve excursus circa dieci anni storia teatrale della mia vita! 

Ma oltre a questo, tu sei anche insegnante di Economia aziendale.

Qual è l’ambito nel quale Giorgia Amantini sente di dare il massimo di te stessa? 

Come scrittrice, come regista teatrale o nel tuo lavoro?

Giorgia Amantini: Prima ti rispondo professionalmente: do il massimo di me stessa sempre perché, come scrittrice, hai il dovere di colpire il lettore facendo in modo che lui si fidelizzi a te non solo perché ti conosce o ti stima, ma perché hai talento.

Giorgia Amantini

Come insegnante, hai in mano il destino non solo professionale ma umano dei tuoi studenti e devi guidarli passo passo a prendere coscienza di quanto valgono, perché la cultura è uno step fondamentale per renderli liberi da ogni pregiudizio o convinzione verso sé stessi e gli altri; come regista/attrice teatrale, hai il dovere di emozionarti e di far emozionare non solo il pubblico in sala, ma anche i tuoi compagni di scena, di instradarli e guidarli per raggiungere l’obiettivo finale che non è l’applauso del pubblico, ma la sua fidelizzazione.

Ora ti rispondo come donna: do il massimo di me stessa sempre, perché se non lo facessi, non mi sentirei in pace con me stessa e mi sentirei meno donna. Perché tutto ciò che faccio contribuisce alla mia identità non solo professionale, ma soprattutto personale. Sto bene quando scrivo, sto bene quando recito e dirigo, sto bene quando insegno. Sono tre dimensioni che fanno parte di me e quindi, da donna, mi migliorano e mi completano, rendendomi felice. 

Molto bene Giorgia Amantini, questa era l’ultima domanda e sono contenta di avertela fatta perché hai dato una risposta davvero ricca e densa di significato!

Grazie per averci raccontato di questa tua ricchissima esperienza!

Io ti ringrazio per essere stata con me sul mio blog… e ti auguro tanta fortuna per i tuoi prossimi libri, per i tuoi prossimi spettacoli e per il tuo lavoro! Le tre dimensioni della tua vita: tutte ugualmente importanti per te!

Giorgia Amantini: Grazie a te, di cuore.

Ma prima di salutarci, non dimenticare di lasciare qui sotto i tuoi recapiti social.

Recapiti di Giorgia Amantini

  • Dov’è possibile acquistare i libri di Giorgia Amantini: 

“Vortice”

www.amazon.it

“Muro contro muro”

www.argentovivoedizioni.it/scheda.aspx?k=muro

www.amazon.it

  • Profilo Facebook di Giorgia Amantini: 

www.facebook.com/vorticegiorgiamantini

  • Profilo Instagram di Giorgia Amantini:

www.instagram.com/giorgia1983ama

  • Sito del blog dell’Associazione Arcadialogo di cui Giorgia Amantini fa parte:

www.arcadialogo.wordpress.com

Giorgia Amantini, Giorgia Amantini

Martina Vaggi

Photo credit: Giorgia Amantini e Pixabay (https://pixabay.com)

Autori emergenti

Raccogliere storie e testimonianze, un diario di quarantena ft. Martina Vaggi

Gabriele Glinni intervista Martina Vaggi sul libro “Il diario del silenzio – Storie reali di quarantena”. Trovi l’intervista pubblicata su “Pillole di Folklore” qui.

Bentrovati a tutti! La scrittrice Martina Vaggi, durante il periodo della quarantena, si è dedicata a un bellissimo lavoro. La sua opera, “ll diario del silenziostorie reali di quarantena” contiene cinquanta racconti (basati su storie reali) che riguardano il primo lockdown.
Trovando il suo lavoro molto interessante, desideravo esplorarlo più in dettaglio. Dunque benvenuta Martina, e grazie per la tua partecipazione!

Ecco la mia prima curiosità.

Cosa ti ha spinta ad approcciarti a questo genere di lavoro, ossia, raccogliere le testimonianze di 50 persone, elaborandole in forma di racconto?

Ciao Gabriele, innanzitutto ti ringrazio per avermi ritagliato questo bellissimo spazio. 
Quello che mi ha spinto a iniziare questa raccolta di testimonianze è stata la voglia di raccontare, di dare una testimonianza scritta, di ciò che tutti noi, in un modo o nell’altro, abbiamo vissuto in questo momento storico molto difficile e traumatico.

Volevo raccogliere testimonianze di varie persone, di vari settori di lavoro e di come avessero affrontato la situazione nei mesi del primo lockdown.

Martina Vaggi

Per questo motivo, ho deciso di occuparmi non solo delle persone comuni (ossia di quelle persone che, come me, avevano vissuto il lockdown in casa, in una routine di ansia e paura) ma di allargare questa ricerca a vari settori lavorativi.

Così ho cercato persone che avessero lavorato a stretto contatto con questa realtà, come gli infermieri, i medici, gli operatori sanitari: ho ascoltato gli insegnanti, che avevano lavorato da casa con la didattica a distanza, e gli studenti, che avevano risentito di questo brusco cambiamento trovandosi senza punti di riferimento.

Poi ho ascoltato gli imprenditori, quelli che avevano chiuso l’azienda e gli altri che avevano continuato a lavorare, nonostante le enormi difficoltà. I dipendenti e il lavoro in smartworking. Gli psicologi, gli educatori, coloro che avevano cercato di aiutare, anche se a distanza: i volontari della protezione civile, che portavano a casa beni di prima necessità a chi era più a rischio. 

Queste e tante altre storie, tante altre realtà.

Per ogni persona che ascoltavo io costruivo una storia, un racconto, cercando di mettermi nei panni di quella persona e di raccontare ciò che lei aveva visto con i suoi occhi: ogni racconto inizia con una data, con un luogo e una regione e con la dicitura “Quarantena, giorno…”.

In questo modo ho potuto tenere il conto dei giorni di lockdown che abbiamo vissuto. Ho strutturato il libro come se fosse un diario, cercando di dare una panoramica generale di come l’Italia avesse affrontato quel momento storico. 

Pur essendo un libro che racconta molto il dolore, la sofferenza vissuta, ho cercato in realtà di trasmettere anche speranza, positività: molte di queste persone che ho ascoltato, infatti, sono state in grado di reagire a questa situazione, portando anche molti esempi positivi che era giusto trasmettere.

Martina Vaggi

Per tornare alla domanda che mi hai fatto, aggiungerei anche questo: avendo io vissuto il lockdown chiusa in casa, non avevo potuto essere di aiuto a nessuno. Credo che sia stato anche questo a spingermi a dar vita a questo libro: la voglia di dare qualcosa.

Trasmettere tutti i sacrifici, gli sforzi che molte persone avevano compiuto in quel momento per adattarsi a questa nuova realtà, a questo enorme cambiamento.

Andiamo più nello specifico.

Ci sono state delle storie in particolare che ti hanno colpita, rattristita o ispirata, in fase di stesura?

Citane pure alcune liberamente!

Tra le storie che ho raccontato, quella che più mi ha colpita nella sua particolarità e stata quella riguardante un sacerdote e la sua opera di volontariato nei reparti Covid. Quando ho ascoltato questa persona, lui mi ha raccontato di un episodio accaduto durante un turno notturno in reparto.

C’è questo frammento di storia, in cui lui incontra nei corridoi dell’ospedale un medico: da questo incontro nasce un momento di profonda umanità. Il medico si ferma di fronte al sacerdote, lo riconosce nel suo ruolo (grazie alla croce di legno che portava sopra alla tuta, la stessa che indossavano gli operatori sanitari) e in un momento di silenzio, di profondo dolore, gli prende la mano e se la porta sulla testa.

I due rimangono così, uniti in quel momento di preghiera.

Martina Vaggi

Quando lui mi ha raccontato questa scena, mi è sembrato di vederla nella mia mente, come se fosse un film.
Il suo racconto si intitola “Il prete volontario” ed è quello che, tutt’ora, mi commuove di più. 

Ci sono dettagli nelle storie, come per esempio nomi reali o riferimenti, a cui devi fare attenzione o che devi trattare in modo specifico, con dovuto riguardo?

Ho preferito usare nomi fittizi per raccontare le storie di queste persone. Solo in alcuni casi ho mantenuto il loro vero nome e cognome, in quanto i protagonisti di queste storie mi hanno dato un consenso firmato ad usare la loro vera identità.

Per tutti gli altri, i nomi sono inventati, li ho scelti io. Come se fossero personaggi creati e non reali.
Anche per quanto riguarda gli ospedali: non ho usato i nomi delle strutture.

Martina Vaggi

Se stavo scrivendo di un racconto ambientato in un ospedale di provincia, non citavo né il nome dell’ospedale né la provincia. Lo indicavo semplicemente con il nome della regione. Ad esempio: “Ospedale in Piemonte”.

In che modo hai cercato persone disponibili a narrare le loro storie? Hai in seguito mantenuto qualche racconto?

Le prime persone che ho ascoltato sono state persone vicine a me o conoscenti. Altre persone sono state proprio loro a trovarle: diciamo che il “passaparola” ha aiutato molto, in questo caso.
Io avevo le idee chiare su chi volevo ascoltare: ad esempio, ho cercato a lungo una persona di Bergamo e alla fine sono riuscita a trovare una persona di Nembro, il paesino focolaio dell’epidemia nella bergamasca.

Martina Vaggi

Volevo anche una persona del Veneto, che mi raccontasse come la regione avesse vissuto la situazione. Poi mi sono mossa nel cercare anche persone del sud Italia: è stato interessante osservare come, almeno in un primo momento, loro avessero vissuto la situazione di riflesso, “subendo” anche psicologicamente ciò che stava accadendo al nord Italia, dalle immagini che vedevano nei telegiornali. 

Ogni volta che ascoltavo una persona, accadeva che fosse lei a dirmi: “Sai che anche un mio amico ha vissuto una determinata situazione mentre era in quarantena”. In questo modo, non è stato difficile “costruire” una rete di persone disposte a raccontarsi.

Ho visto in molte persone la voglia di raccontare le proprie storie.

Questo è veramente molto bello, Martina.
Noi ricordiamo che il libro di Martina Vaggi “Il diario del silenzio” lo potete trovare su Amazon e vi lasciamo qui il link:

Ora una domanda di più amplio respiro.

Cosa ti ha avvicinata alla scrittura? Qual è stato il tuo percorso, e cosa consiglieresti a chi si avvicina per la prima volta a tale hobby?

Io scrivo da sempre. Ho sempre avuto questa esigenza.

L’esigenza di esprimere la moltitudine di pensieri che affollano la mia mente o di raccontare ciò che vedo tramite le mie esperienze o le storie degli altri. 

Per questo scopo, nel 2015, ho creato il mio blog “Pensieri surreali di gente comune”. Successivamente sono nate le pagine Facebook e Instagram collegate al blog.

Durante il lockdown tenevo una sorta di “diario pubblico” su queste pagine, dove pubblicavo post in cui indicavo il giorno di quarantena e il mio pensiero sul giorno trascorso o sui sentimenti che provavo e “vedevo” espressi anche da altri. Da qui è nata l’impostazione del libro “Il diario del silenzioStorie reali di quarantena”.

Negli anni precedenti alla nascita del blog e del libro, ho studiato Lettere Moderne all’Università di Pavia, mi sono laureata che già scrivevo su giornali cartacei e digitali a tempo pieno. Purtroppo, non percependo un compenso, una volta laureata non ho più avuto la possibilità di continuare: avevo, ovviamente, bisogno di un lavoro che mi desse la possibilità di mantenermi. 

Martina Vaggi

Così ho svolto diversi lavori: mi sono adattata ma non ho mai smesso di scrivere. 
Credo che sia questo il “consiglio” che potrei dare a chi, come me, si ritrova ad avere una “capacità” che non è molto remunerativa: di continuare a provare, di continuare a scrivere, di cercare una strada per poterlo fare, un giorno, come lavoro. 

Io non so se riuscirò mai a vivere solamente di scrittura ma sicuramente continuerò a provarci.

Grazie di cuore per la tua partecipazione, Martina! Siamo stati felici di ospitarti, e di parlare di una tematica così particolare e interessante.
Abbiamo inoltre piacere di includere i tuoi lavori e i tuoi link social:

Grazie a te per questa bellissima esperienza.


“Il diario del silenzio – Storie reali di quarantena” di Martina Vaggi su Amazon: https://lnkd.in/dcmdkqe

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