Riflessioni

Alcune cose che ho imparato lavorando da McDonald’s

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Mi ricordo del primo giorno che sei arrivata qui come fosse ieri. Ti ho passato la scopa e ti ho chiesto di spazzare per terra e tu mi hai risposto: «Ma io non sono capace».
Ricordo con un sorriso questa frase e il momento in cui mi è stata detta. Era il mio ultimo giorno di lavoro al McDonald’s, appena qualche giorno fa. Stavo salutando una delle mie colleghe ed eravamo sedute fuori a parlare, quando lei ad un certo punto
ha esordito così. Io mi sono messa a ridere.
Ricordo bene quel momento, cinque mesi fa. L’inizio di un lavoro che non avevo mai fatto, o meglio:
l’insieme di molti lavori che non sono mai stata abituata a fare.
Sei mesi fa pensavo che partire da zero sarebbe stato troppo difficile per me. Pensavo che una persona senza esperienza avrebbe inevitabilmente fallito, magari non in tutti i lavori, ma in alcuni sì.
Ora, guardando indietro, penso che affrontare un percorso da zero sia la più grande fortuna che ti possa mai capitare: perché, avendo tutto da imparare, se hai la volontà di farlo di
ciò che hai imparato ci saranno molte cose che ti rimarranno.
La fatica, per esempio. Ho imparato che tutte le affermazioni che mia mamma faceva sempre quando eravamo a casa (“Pulire è fatica, Martina, lo sai?”) erano pienamente vere. Ma la fatica
fisica data dal lavoro è qualcosa che mi sono ritrovata ad apprezzare più volte. Ho imparato quanto sia bello avere una routine scandita dal tempo e quanto questo non vada sprecato e ho trovato una mia dimensione di libertà nelle regole. Nel rinunciare a molte cose. In questi mesi, per esempio, io ho completamente dimenticato il significato della domenica.
E tutt’ora quando sento molti giovani rinunciare ad un lavoro solo perché “La domenica è sacra”, non riesco molto a capirli. Forse perché in questi mesi mi sono abituata a considerarla come un giorno non molto diverso da tutti gli altri. Piuttosto, ho iniziato a considerare il lunedì come la domenica: ma solo perché in questi mesi quello era il giorno in cui solitamente avevo riposo.
Ho imparato ad avere molta più pazienza di quella che
normalmente ho nella vita di tutti i giorni. Perché lavorare a contatto col pubblico è una bella cosa, davvero: dall’altra parte può anche capitarti di trovare persone simpatiche e divertenti e qualche volta questo capita. Ma ti può anche capitare di incontrare il peggio. O la via di mezzo. O l’impazienza umana in persona.
E questo, purtroppo, capita spesso.
Ma rimane un’esperienza che vale sicuramente la pena affrontare.
Ho scoperto poi con piacere alcune cose sulle persone, di varia nazionalità. Gli inglesi e i tedeschi, ad esempio: adorano i cheeseburger. E, per la maggior parte, li ho trovati di gran lunga i più educati e gentili. Loro mettono “Please” in ogni espressione o richiesta. Per cui, quando ordinano, è una costante sentire: “I would like, please, six cheeseburgers and two milkshakes cioccccolato.
Adorano i milkshake a tal punto da berli assieme al pasto, al posto delle bibite normali. Onestamente non so come facciano, ma mi hanno sempre fatto sorridere.
Un’altra cosa che ora mi fa sorridere è la convinzione comune che molti hanno sul fatto che lavorare da McDonald’s sia da denigrare.
Il giorno che sono stata assunta qualcuno mi ha chiesto: “Ma come fai ad essere felice di andare a lavorare
?”. Quando, in realtà, tra tutte le esperienze che ho fatto, quella di lavorare “lì” è stata di gran lunga la più formativa. Forse è una convinzione comune, soprattutto per i laureati, di puntare subito ad ottenere il lavoro che vorrebbero: il lavoro per cui hanno studiato così tanto, e per il quale le loro famiglie hanno speso tanti soldi in prestigiose (o meno) università.
In realtà,
credo che trovare il lavoro che si vuole dopo averne sperimentati tanti altri di questa natura sia di gran lunga la cosa migliore che ti possa capitare. Perché ti spinge a rivalutare ciò che davvero vuoi o non vuoi. E ti porta a fare esperienze che mai pensavi saresti stata in grado di fare.
Questa è una delle cose che più mi è rimasta di questa esperienza.
Un’altra, poi, sono le persone
che ho incontrato sul posto di lavoro.
Perché le vere soddisfazioni non sono solo i lavori che facciamo, i ruoli che occupiamo o gli stipendi che prendiamo. Le più grandi soddisfazioni a volte provengono dalla conoscenza di persone così diverse o tanto simili a noi. E’ anche questo che ci arricchisce e ci spinge a conoscerle con sempre più crescente curiosità.
E sicuramente non c’è conoscenza più bella di quella che si consuma con persone che nutrono stima per te e ti fanno sentire ogni giorno apprezzata.

Martina Vaggi