Riflessioni

Anno nuovo, vita nuova: con le stesse, grandi, persone di sempre

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Quest’anno ho deciso di non usare frase fatte per salutare il vecchio anno e accogliere quello nuovo.
Non faccio promesse a me stessa, di quelle che so che non riuscirò a mantenere. E non mi voglio buttare su un lunghissimo articolo sui “nuovi propositi dell’anno nuovo”, perché fare nuovi propositi per me sta diventando un po’ come mettermi un macigno di aspettative e pressioni inutili sulle spalle. E’ un po’ come annunciare al mondo di voler smettere di fumare e poco dopo correre a prendere la sigaretta che avevi nascosto, solo perché hai appena finito di bere il caffè.
Quindi quest’anno saluto il 2016 con un semplice “A mai più rivederci” e per l’anno che viene auguro a me stessa solo una cosa: di darmi una svegliata. Di saper riconoscere le occasioni giuste da quelle sbagliate. Di saper identificare in tempo le persone che mi vogliono danneggiare e di distinguerle nettamente da chi, invece, vuole solo il meglio per me. Chiudere tutte le porte che devono essere chiuse e aprirne una verso il mondo. Spalancare le porte al nuovo anno e non averne paura.
Questo voglio che sia il mio ultimo giorno del 2016: un giorno pieno di auguri, non di propositi. Un giorno costellato da speranze di cambiamento, non di promesse.
E se è vero che nel mio 2016 non ci sono state grandi cose, è anche vero che ci sono state delle grandi persone.
Le persone di sempre, quelle che da sempre sono con me, e anche quelle che si sono aggiunte all’ultimo e hanno saputo dare un pizzico di più a quello che già avevo. Come fossero l’ingrediente segreto da aggiungere ad una ricetta che già conoscevo.
Oggi faccio un augurio alle mie persone, le mie compagne di vita, quelle che ci sono nella buona e nella cattiva sorte, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia.
E auguro a me stessa di aprire la porta verso il mondo e costruirmene uno solo mio: con accanto le persone che già ho.
Onestamente, non so se alla vita potrei chiedere di meglio.

Buon 2017 a tutti!

Martina Vaggi

Riflessioni

Il Natale di oggi: i regali più belli non sono sotto l’albero

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Quando eravamo piccoli volevamo sempre tutto e non ci accontentavamo mai. Per cui l’arrivo del Natale lo vedevamo come il momento più magico dell’anno ma non tanto per l’atmosfera o la famiglia riunita, quanto per i regali che avremmo trovato sotto l’albero. Era solo un giorno speciale che ci dava il pretesto di chiedere ancora di più rispetto a quello che chiedevamo già ogni giorno ai nostri genitori.
Poi siamo cresciuti e abbiamo iniziato a vivere momenti diversi. Con il tempo molte cose si sono ridimensionate e il Natale non è stato forse più bello come lo era un prima: gli alberelli addobbati hanno inziato a racchiudere sempre meno regali e il gusto dell’attesa per quella magica notte è un po’ andato scemando.
C’è sempre un momento in cui capisci di essere cresciuta. Per me quel momento è arrivato due settimane fa, quando alla domanda di mia madre: “Martina, cosa vuoi per Natale?” io ho risposto: “Un lavoro”.
L’ho detto scherzando, proprio come si dicono tutte quelle cose serie che pronunciate in maniera diversa risulterebbero pesanti.
Ma era la verità.
Da piccola per me non era Natale se non c’era la neve per terra. Amavo la neve. Adoravo guardarla per ore cadere lenta oltre le finestre di casa mia.
La adoro ancora.
Quest’anno non ci sarà la neve a Natale e anche i regali sotto l’albero saranno pochi.
Ma, come dicevo prima, si cresce.
Ed è allora che ti guardi attorno e inizi a pensare alla fortune che hai. Alle cose belle che possiedi, che non sono oggetti, ma persone. Pensi che tutti i regali del mondo non potranno mai sostituire i ricordi dei momenti più belli condivisi quest’anno con le persone che hai accanto.
Pensi a questi giorni, in cui passeggiando per le strade del tuo paese tutti ti salutavano e si fermvano per farti gli auguri. Pensi a quanta bellezza ci possa essere nella gentilezza, nei sorrisi e ti convinci che dovrebbe essere Natale tutti i giorni per trasformarci in persone così.
Natale non dovrebbe essere un semplice giorno, ma uno stato d’animo. Un vivere quotidiano che ti porta a ringraziare per ogni cosa che hai o che ti guadagnerai: affetto, stima, amicizia, amore e… salute.
Quanto sottovalutiamo la nostra salute?
Oggi bisogna ritenersi molto fortunati ad averla, perché non a tutti è concessa così gratuitamente. C’è chi lotta per la sua vita tutti i giorni, mentre tu rischi di passarla a lagnarti per le minime cose che non hai. Non bisognerebbe vivere così.
Per questo oggi guardo al futuro pensando al presente, ai doni che già ho e ad uno molto bello che sta per arrivare.
Ma il regalo più bello lo riceveremo solo quando instraderemo la nostra vita sui giusti binari, non permettendo a nessuno di dirottarla.
Perché i regali più belli non sono quelli che scartiamo sotto l’albero ma fanno parte di noi.
E io li voglio portare con me tutti i giorni, Natale incluso.

Buon Natale a tutti!

Martina Vaggi

Riflessioni

La donna del 1953 e quella di oggi: la verità è che non gli piaci abbastanza?

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La fortuna di avere un padre appassionato di cinema (e, praticamente, anche di tutto il resto), è che ti costringe a vedere film in bianco e nero mentre stai preparando l’albero di Natale, illustrandoti, nel mentre, praticamente tutto ciò che riguarda quel film: anno di produzione, tecniche di montaggio, storia degli attori e altre mille cose che onestamente non so come faccia a ricordarsi.
E’ capitato proprio oggi, e il film in questione era “I vitelloni” di Federico Fellini. Mentre mio padre era intento ad illustrarmi alcuni particolari del film, mi sono soffermata un attimo ad osservare una scena: uno dei protagonisti maschili stava corteggiando una giovane donna di nome Sandra (se non sbaglio). In quella scena l’uomo le chiedeva il permesso di baciarla sul collo e lei temporeggiava con l’atteggiamento tipicamente femminile del “No dai, voglio vedere se insisti così alla fine te lo faccio fare”.
Poco dopo ho chiesto a mio padre di che anno fosse il film. Era del 1953.
Un’epoca in cui gli uomini chiedevano il permesso di baciare una donna sul collo. E lei, diciamo, la Sandra di turno, faceva ancora storie nel consentirglielo.
Proprio come succede oggi, praticamente.
Più di 60 anni sono passati da quella scena e da quella situazione, e ad oggi il panorama sembra molto diverso.
Oggi la Sandra in questione non si farebbe di questo tipo, perché sarebbe troppo impegnata a stare al passo con tempi troppi veloci per lei. E il dongiovanni del film non starebbe certo a chiedere il permesso per un semplice bacio sul collo, ma chiederebbe senza mezzi termini quello molte ragazze danno e che, quindi, gli è dovuto. Oggi la Sandra della situazione si troverebbe a non avere molte scelte. Potrebbe continuare per la sua strada, dicendo “No” a tutti i cafoni che incontra (e gliene servirebbero di polmoni per farlo), correndo il rischio di essere snobbata e ritenuta poco interessante, oppure potrebbe semplicemente fare ciò che si sente di fare, da brava donna emancipata e sicura (?) di sé, decidendo di dire “Si” anche al primo appuntamento.
Ma probabilmente la situazione non cambierebbe, ed evolverebbe in quello che una mia amica over 40 una volta ha definito “Se non la dai, spariscono, e se la smolli subito, non li rivedi più”.
Ora… vedendo la situazione, ci sarebbe da chiedersi una cosa soltanto: che cos’è accaduto esattamente in questi 60 anni per arrivare a questo?
Che cos’ha portato il donnaiolo della situazione a non accontentarsi solo di un bacio sul collo ma a volere tutto e subito? E cos’ha portato la Sandra dei tempi che furono a concedere di più di quanto, a volte, volesse?
Il discorso sarebbe lungo. Quello che si sa, oggi, è che alcune cose, da quei tempi, probabilmente non sono mai cambiate. Ancora tutt’oggi la donna è considerata una persona da catalogare e da sistemare in un’apposita casella: puttana o suora. Sulla base di che cosa?
Mi sembra di capire che non ci sia una legge che stabilisca questo. Una regola che dica che “se la dai entro la terza uscita sei considerata così, altrimenti sarai ritenuta una donna diversa”.
Anche perché, se una regola ci fosse, una si potrebbe anche organizzare.
Ma una regola in effetti c’è. E’ la regola, né più né meno, che valuta l’interesse che uno ha nei confronti di un’altra. In parole povere: se piaci a un uomo, soffrirà di amnesie tali da essere capace di passare sopra a tutte le tue cavolate, comportamenti ambigui o altro. Se non gli piaci, inventerà qualche patetica scusa che gli permetta di eclissarsi dalla tua vita.
Pensate a quante seghe mentali ci saremo risparmiate, se da piccole fossimo cresciute con questa certezza, piuttosto che con le favole alla Walt Disney che mamma amava tanto leggerci.

Martina Vaggi